"Pochi sono grandi abbastanza da poter cambiare il corso della storia. Ma ciascuno di noi può cambiare una piccola parte delle cose, e con la somma di tutte quelle azioni verrà scritta la storia di questa generazione"
Robert Francis Kennedy

domenica 24 maggio 2009

21 dicembre 2012: “la fine del mondo” o fine di un incubo?

(di Ennio La Malfa )
Non solo in internet abbondano presagi di sventura legati alla fatidica data del 2012, non solo trasmissioni televisive come Voyager ne fanno uno scoop, ora anche il grande cinema esce con un colossal dal titolo proprio 2012. In tutto questo parrebbe rivivere l’anno Domini 999 , in pieno Medioevo, quando santi, santoni e ciarlatani predicavano l’arrivo della fine del mondo terrorizzando la povera gente e un po’ meno i signori e i tiranni di allora. Oggi la gente non è ingenua e credulona come qualche secolo fa, tuttavia avverte un certo disagio in questa società e quasi un inquietudine per il futuro. Non stiamo all’isteria collettiva, ma in una fase di attesa inconscia per un evento negativo che non sappiamo ancora quale possa essere.
L’effetto serra, i cambiamenti climatici, la grande recessione economica, la bomba atomica iraniana e così via, sono elementi che danno forza a questa nostra paura interiore. E allora perché non credere alla predizione Maya che darebbe per chiusa la storia di questa umanità proprio nel 2012 ?
I Maya del resto hanno sempre previsto e mai sbagliato, se non di pochi minuti e secondi, i fenomeni delle eclissi solari e lunari.La grande eclisse solare del 1991 che interessò il Messico, la più lunga della storia, con quasi 7 minuti di oscuramento totale, era stata prevista molti secoli prima dagli astronomi maya con una imprecisione di appena 30 secondi. Allora perché avevano interrotto il loro calendario proprio al 21 dicembre 2012? Forse avevano visto giusto anche in questo caso?Ed è proprio la capacità dei Maya a calcolare e predire eclissi ed altri fenomeni cosmici con una certa precisione che preoccupa la gente.
Ma c’è chi dice che il 2012 non dovrà essere necessariamente un evento catastrofico, ma una crescita spirituale dell’umanità, un momento in cui la coscienza dell’uomo dovrebbe prevalere sull’istinto. Parole, supposizioni, speranze che qualcosa possa cambiare nella vita collettiva e in quella personale.Oggi più del passato queste sensazioni di insicurezza e di sfiducia nel futuro si avvertono, “del doman non c’è certezza” diceva spesso Lorenzo il Magnifico nel lontano 1470 ed oggi questo ritornello è tornato di moda.
Ma se guardiamo al passato più recente dovremmo chiederci se a noi italiani in pieno boom economico del 1960 con le aspettative della qualità della vita sempre crescenti, una storia del genere avrebbe fatto breccia. Forse si, ma in toni minori, allora si sperava di migliorare le proprie condizioni di vita in tempi brevi, il lavoro bene o male lo trovavano tutti, con un solo stipendio una famiglia viveva dignitosamente, non c’era la corsa al consumismo sfrenato, non c’erano criminali ad attentare alla nostra incolumità giornaliera, si viveva meglio di oggi. Tutto questo ora non c’è più, c’è la paura di uscire di notte, di non riuscire a pagare le rate del mutuo di casa, di non trovare lavoro o di perderlo e, infine, c’è la paura di entrare nella sempre crescente schiera dei poveri.Non si tratta della paura “del mille e non più mille”, questa volta si tratta di avvertire quasi l’esigenza di chiudere questa avventura terrestre troppo difficile e piena di delusioni e amarezze.
E allora il 2012 diventa quasi un’aspettativa di cambiamento, un’occasione a “voltar pagina”.L’umanità, nonostante le grandi imprese e i grandi messaggi di amore e di fraternità di molti Avatar apparsi nella storia dell’uomo, da Buddha a Cristo, fino a Padre Pio e a Sai Baba, ha sempre disatteso gli insegnamenti di questi illuminati, macchiandosi di crimini orrendi: dallo sterminio degli indios d’America a quello degli Ebrei, dai genocidi di Stalin a quelli di Pol Pot, dalla strage degli Armeni a quelli dei popoli del Darfur.Ha prevalso sempre il senso dell’egoismo esasperato, a volte mascherato da falso altruismo.
Si è cercato sempre di prevaricare il prossimo, alla faccia dei messaggi dei santi ed illuminati. Oggi poi il furbo riesce ad avere di più degli altri onesti, a fare carriera ad arrivare prima ovunque a danno della persona corretta, civile e modesta. In più la gente comune, timorosa ed umile, non impegnata in scalate politiche ed economiche rilevanti, si sente di contare poco o niente, di essere solo un numero, una persona sola con le proprie illusioni e delusioni, con i propri mali fisici e psichici, incapace di contribuire a migliorare questa società.Da tutto questo, ad eccezione dei pochi furbi che vivono sulle aspettative e sui sogni dei più, si ricava un senso di smarrimento, di impotenza, di rassegnazione, qualche volta di rabbia.Una recente indagine (giugno 2008) effettuata da una rivista inglese relativamente alla prospettiva di cancellare questa umanità e provare a “rifarne” una nuova, le persone hanno risposto per il 67 % favorevolmente a chiudere il capitolo umanità e a provare ad aprirne una nuova. Il 12% ha dichiarato di non saper decidere, mentre gli altri ( pochi) hanno dichiarato che invece questa umanità doveva proseguire senza ridimensionamenti perché andava bene così. E questa indagine avvalora ancora di più il sentimento di grande disagio che noi tutti da decenni stiamo provando all’interno di questa società. Ecco allora comprendere la necessità di credere in qualcosa che con un colpo di spugna sappia scrivere la parola fine. Una fine però capace di far rinascere dalle ceneri una nuova umanità, più vicina ai sani valori profondi dell’uomo e non schiava delle esigenze degli altri, di quei pochi che sulle disgrazie degli uomini creano i loro imperi finanziari e politici.
Comunque vadano le cose non ci resta che aspettare il 21 dicembre 2012, sperando che si possano finalmente applicare gli insegnamenti dei grandi Avatar che in tremila anni hanno sempre cercato di darci, ma che noi uomini di un piccolo pianeta chiamato Terra abbiamo sempre disatteso e a volte strumentalizzato per altri fini certamente non nobili. A questo punto non ci resta che aspettare.

giovedì 21 maggio 2009

Possibile ritorno al Medioevo nel 2012

Tra circa tre anni, nel 2012, la Terra dovrebbe essere travolta da una tempesta solare senza precedenti, in grado di danneggiare irrimediabilmente ogni sistema elettrico ed elettromagnetico e di riportare così il mondo all’età del Medioevo.A sostenerlo è il settimanale britannico New Scientist, il quale riporta un rapporto finanziato dalla Nasa e pubblicato dalla National Academy of Sciences (Nas) americana a gennaio. La società umana, sempre più globalizzata e dipendente dall’elettricità e connessi derivati – tecnologia su tutti – verrebbe rispedita indietro centinaia di anni.Secondo gli scienziati propugnatori di tale teoria, il 2012 sarebbe un anno di intensa attività del Sole: ciò comporterebbe violente esplosioni della corona solare e la Terra potrebbe essere investita da un’ondata particolarmente violenta di vento solare. Quest’ultimo, a contatto con la magnetosfera terrestre, potrebbe provocare una tempesta geomagnetica tale da far saltare tutte le linee elettriche.Ne risentirebbero palesemente cellulari e internet, così come la radio, e vi sarebbero problemi di approvvigionamento elettrico e di acqua. In assenza di elettricità non funzionerebbero né le pompe di benzina né le centrali nucleari e a carbone, cosicchè l’intero pianeta potrebbe ritrovarsi senza energia. Gli esperti hanno calcolato che per far ripartire il sistema sarebbero necessari almeno una ventina d’anni.Paul Kintner, fisico della Cornell University di Ithaca (New York), sostiene che una tempesta solare farebbe danni almeno dieci volte superiori ad una tragedia meteorologica come quella dell’uragano Katrina.“Ci stiamo avvicinando sempre più ad un possibile disastro” , rammenta Daniel Baker, esperto di meteorologia spaziale dell'università del Colorado e presidente della commissione della Nas che ha redatto il rapporto.Durante l’ultima tempesta solare particolarmente violenta, la “perturbazione di Carrington” datata 1859, una ciclopica aurora boreale investì il nostro pianeta fino ai Tropici; ne conseguirono alcuni danni alle linee del telegrafo, nulla di particolarmente grave, non essendo ancora il mondo così dipendente dalla tecnologia e industrializzato alla pari di oggi.La premonizione degli scienziati si aggiunge alle numerose profezie antiche legate al 2012, anno che vanta oscuri appellativi quali “l’epoca dei cataclismi”, “la fine del mondo”, oppure semplicemente “l’anno del cambiamento materiale e spirituale” e “la fine di un’era” ipotizzata dai Maya.Stando al computo del tempo del calendario Maya, il 21 dicembre 2012 si verificherebbe la fine di un’era e l’inizio del ciclo dell’Acquario, in base alla “precessione degli equinozi”. In codesta data, infatti, terminerebbe il periodo di 12960 anni indicato dall’evoluto popolo centroamericano.Da un punto di vista astrologico-scientifico, tale teoria sarebbe suffragata dalla previsione secondo cui il 21 dicembre 2012 la rotazione della Terra sul proprio asse subirebbe una fermata di 72 ore per poi riprendere a ruotare in senso inverso, con la conseguente inversione dei poli magnetici.Il nostro pianeta avrebbe iniziato la fase del rallentamento già negli anni ’60 del Novecento. La lenta “frenata”, inizialmente di portata infinitesimale, avrebbe adesso un andamento esponenziale e non lineare, e questo giustificherebbe l’ignoranza di quasi tutta l’umanità in proposito.Si può facilmente dedurre che il tutto si esperirebbe con eventi di carattere meteorologico e sismico, per via dell’anomalo riscaldamento e raffreddamento della crosta terrestre, dovuto ai giorni e alle notti più lunghe; il clima dovrebbe subire un temporaneo stravolgimento a causa del quale potremmo avere pioggia e venti di grande entità – cosa che in piccola parte si sta già verificando. L’assestamento della crosta terrestre, originato dalla repentina frenata della rotazione, darebbe luogo a eventi tellurici di notevoli proporzioni.La suddetta teoria sul 2012 trova misteriosamente riscontro in tutte le civiltà antiche, dai Maya agli Aztechi, dagli Egizi alle culture indoeuropee, popoli inspiegabilmente progrediti che ci hanno lasciato in eredità oscuri moniti inintelligibili e profezie spesso divenute reali.
Alessio Stilo

mercoledì 20 maggio 2009

Onorevoli, che rimborsi!!!

Dalla Jacuzzi sul terrazzo di casa alla trasferta ministeriale con famiglie al seguito di CARMELO LOPAPA
IL rimborso spese per il parrucchiere delle onorevoli senatrici è stato l'ultimo a finire nel calderone delle astute sconvenienze da cancellare. Certo, pesa "solo" per 81 mila euro l'anno. Certo, non indecente come i filmini porno del marito del ministro dell'Interno britannico messi a carico del bilancio. Certo, non come gli specchi inseriti in nota spese dal deputato inglese Richard Younger Ross, ma anche a Roma, che figura. Tanto che anche a Palazzo Madama, giusto pochi giorni fa, se ne sono accorti e allora il presidente Renato Schifani ha invitato a cancellare quella voce in bilancio. D'ora in poi, sottinteso, vadano a farsi belle a loro spese.
Non è ben chiaro invece se i senatori e gli "ex" che passeranno a miglior vita in questo 2009 potranno godere ancora del rimborso spese funerarie che nel 2008 ha pesato un po' troppo sui conti del Palazzo, 134.290 euro.
La voce è inserita "per memoria", e in fondo non sarà un problema loro ma di chi dovrà far quadrare i conti. Conti stracciati, conti allegri, conti che non quadrano ma chi se ne frega, nel nostro Paese. Altro che Inghilterra indignata per pochi spiccioli di note spese. Qui lo scandalo è codificato, è a norma di legge, è tanto palese da non destare, appunto, scandalo.
Benefit, rimborsi a go-go, voli, treni, navi, Telepass e corsi di lingua e buvette e ristorante a 8 euro. Non è più tempo da viaggi in Tanzania della commissione Lavoro di Montecitorio per "studiare il sistema pensionistico del paese dell'Africa orientale", ricordo appannato di qualche anno fa.
Come pure l'onorevole Lorenzo Cesa non proporrebbe più l'indennità per ricongiungimento familiare, come si azzardò a ipotizzare quando, nella rovente estate 2007, il suo partito venne segnato dallo scandalo del deputato Cosimo Mele, la prostituta in albergo, l'uso (sospetto) di cocaina. Adesso ci si accontenta di piccole cose, ma è il pensiero quello che conta.
L'ultimo lo hanno avuto i tre questori della Camera guidati da Francesco Colucci (Pdl) ed è planato ieri mattina sulla casella postale dei 630 deputati sotto forma di lettera-invito a "usufruire di un corso di 15 ore di lezioni individuali di informatica da 1,5 ore cadauno" che si svolgeranno a Montecitorio. Costo risibile da 235 euro a testa, il resto lo mette la Camera, ovvio. Quisquilie, appunto. Sarebbe bello invece sapere anche qui da noi come il deputato utilizza i 4.003 euro mensili che il Parlamento gli mette in saccoccia ogni mese come "rimborso spese di soggiorno". Certo, magari anche l'elettore italiano vorrebbe sapere almeno dove risiede il suo onorevole di riferimento, quando trascorre quei tre giorni nella Capitale. Per esempio se lo utilizza tutto, il suo budget da diaria extra stipendio.
O che ne fa di quell'altro da 4.190 euro al mese che gli viene erogato proprio a titolo di "rimborso spese". Qualcuno non vorrà mica sospettare che una parte di quei soldi o addirittura tutti finiscano nel conto in banca dell'onorevole? Sospettosi o malpensanti.
Qui la nota spese è bandita, il piè di lista è sconosciuto. Le Camere pagano anzitempo, pagano sulla fiducia, pagano a forfait. Non c'è nulla da scoprire. Altro che dimissioni dello Speaker del parlamento inglese. Che ridere, il milione di sterline per colpa del quale Westminster sta precipitando nello scandalo, col suo carico di rimborsi gonfiati dai deputati.
Che ridere, perché Montecitorio e Palazzo Madama, in questo 2009, distribuiranno ai nostri 630 deputati e 322 senatori rimborsi spese destinati sulla carta a viaggi, diaria e segreterie per qualcosa come 96 milioni di euro, parenti molto vicini di 100 milioni. E il tutto, va da sé, senza chiedere lo straccio di una prova documentale che attesti se davvero saranno utilizzati per gli scopi "istituzionali". Sono 72 milioni di euro alla Camera e 24 milioni al Senato. E va da sé, che quegli 8.190 euro mensili ai deputati e 8.678 mila euro ai senatori sono solo, appunto, rimborsi. Nulla a che fare con le indennità da 5.500 euro, lo stipendio in senso stretto.
"Uno scandalo come quello britannico da noi è impensabile - racconta un grande conoscitore del Palazzo come Gabriele Albonetti, deputato questore già da due legislature - Al di là dell'eticità del comportamento di deputati e senatori, la questione è tecnica. Da noi, non esiste la nota spesa, la Camera e il Senato affidano una somma, diciamo così, sulla fiducia. Sarà poi l'onorevole a gestirla a suo piacimento".
Nulla da spiegare e nulla da giustificare.
Né gli alberghi, né i ristoranti, né le segreterie, né - chiamiamoli così - gli "extra" molto extra. Come non sono da rendicontare gli oltre 4 mila euro al mese (4.678 al Senato) erogati a ciascun onorevole per i cosiddetti portaborse. Col risultato ormai arcinoto che buona parte degli assistenti sono sottopagati o pagati in nero. Ieri il Consiglio dei presidenza del Senato, prossimamente quello della Camera, ammetteranno l'ingresso dal primo luglio solo per i portaborse dotati di badge, rilasciato dietro esibizione di regolare contratto. Ma molti dei ragazzi, in questi giorni, ti raccontano come alcuni dei loro onorevoli siano pronti a far sottoscrivere loro un contratto da addetto alle pulizie del gruppo parlamentare, che ne possa comunque consentire l'ingresso quotidiano a Palazzo e continuare come sempre. Come sempre in nero. Un po' di pulizia, va detto, la si sta pure facendo.
Al Senato hanno cancellato i 730 mila euro sborsati, tra l'altro, per garantire un ufficio ai senatori rimasti privi di scrivania.
O i 690 mila euro che sono parte della voce "rimborsi spese telefoniche".
Ha fatto pure scalpore scoprire in questi giorni che i 1.058 "ex" senatori per fortuna ancora in vita costano però 1 milione 726 mila euro per viaggi in treni, aereo o per passaggi autostradali, al netto, ovvio, del vitalizio. Platea di beneficiari ridotta ora a 291 in uno slancio di austerity. Rigorismo che ancora non ha scalfito l'Asis, l'assistenza sanitaria garantita ai senatori e ai deputati e ai loro familiari. Basta pagare 25 euro al mese per ciascun figlio o consorte, ma anche - magia del Parlamento - per il convivente, e ogni cura è assicurata. Gratis.
Perché la coppia di fatto che le Camere non hanno mai voluto riconoscere, lì dentro esistono, eccome, da tempo. Per l'esattezza dal 1985, quando è stata approvata la legge 687. Qualche sprovveduto Don Chisciotte, di tanto in tanto, prova pure a divertirsi e ad agitare le acque. In questa legislatura la dipietrista Silvana Mura, con un ddl che prevede tra l'altro la riforma del sistema dei rimborsi, da erogare solo dopo l'esibizione delle spese effettive. "Ma, per usare un eufemismo - racconta - non ha suscitato grandi entusiasmi tra i colleghi". F
uori dai confini, qualche italiano finora ha potuto fare il furbo nell'Europarlamento. Tratta Bruxelles-Roma (o Milano) rimborsata forfaittariamente per la business class in base al chilometraggio. Quando invece era notorio che molti dei nostri 78 (come tanti altri) viaggiavano in low-cost. E lì, via con la cresta.
Da luglio però, col nuovo Parlamento, si cambia registro: rimborso solo dei biglietti effettivamente acquistati. Il rimborso spese per lo staff viaggia sui 17 mila euro mensili. Non sarà per sfiducia, ma il tesoretto lì non lo fanno transitare dalla busta paga dell'onorevole. È a disposizione e le somme le paga direttamente il Parlamento agli assistenti che dimostrano con contatti e contributi di prestare servizio per il deputato. Rigore e trasparenza che i portaborse italiani sono costretti per ora solo a sognare.

lunedì 18 maggio 2009

Il coraggio dimenticato
di ROBERTO SAVIANO
da Repubblica del 18 maggio 2009
Chi racconta che l'arrivo dei migranti sui barconi porta valanghe di criminali, chi racconta che incrementa violenza e degrado, sta dimenticando forse due episodi recentissimi ed estremamente significativi, che sono entrati nella storia della nostra Repubblica.
Le due più importanti rivolte spontanee contro le mafie, in Italia, non sono partite da italiani ma da africani.
In dieci anni è successo soltanto due volte che vi fossero, sull'onda dello sdegno e della fine della sopportazione, manifestazioni di piazza non organizzate da associazioni, sindacati, senza pullman e partiti.Manifestazioni spontanee. E sono stati africani a farle. Chi ha urlato: "Ora basta" ai capizona, ai clan, alle famiglie sono stati africani. A Castelvolturno, il 19 settembre 2008, dopo la strage a opera della camorra in cui vengono uccisi sei immigrati africani: Kwame Yulius Francis, Samuel Kwaku e Alaj Ababa, del Togo, Cristopher Adams e Alex Geemes della Liberia e Eric Yeboah del Ghana. Joseph Ayimbora, ghanese, viene ricoverato in condizioni gravi. Le vittime sono tutte giovanissime, il più anziano tra loro ha poco più di trent'anni, sale la rabbia e scoppia una rivolta davanti al luogo del massacro. La rivolta fa arrivare telecamere da ogni parte del mondo e le immagini che vengono trasmesse sono quelle di un intero popolo che ferma tutto per chiedere attenzione e giustizia.
Nei sei mesi precedenti, la camorra aveva ucciso un numero impressionante di innocenti italiani. Il 16 maggio Domenico Noviello, un uomo che dieci anni fa aveva denunciato un'estorsione ma appena persa la scorta l'hanno massacrato. Ma nulla. Nessuna protesta. Nessuna rimostranza. Nessun italiano scende in strada. I pochi indignati, e tutti confinati sul piano locale, si sentono sempre più soli e senza forze.Ma questa solitudine finalmente si rompe quando, la mattina del 19, centinaia e centinaia di donne e uomini africani occupano le strade e gridano in faccia agli italiani la loro indignazione. Succedono incidenti. Ma la cosa straordinaria è che il giorno dopo, gli africani, si faranno carico loro stessi di riparare ai danni provocati. L'obiettivo era attirare attenzione e dire: "Non osate mai più".
Contro poche persone si può ogni tipo di violenza, ma contro un intera popolazione schierata, no. E poi a Rosarno. In provincia di Reggio Calabria, uno dei tanti paesini del sud Italia a economia prevalentemente agricola che sembrano marchiati da un sottosviluppo cronico e le cui cosche, in questo caso le 'ndrine, fatturano cifre paragonabili al PIL del paese.La cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, come dimostra l'inchiesta del GOA della Guardia di Finanza del marzo 2004, aveva deciso di riciclare il danaro della coca nell'edilizia in Belgio, a Bruxelles, dove per la presenza delle attività del Parlamento Europeo le case stavano vertiginosamente aumentando di prezzo. La cosca riusciva a immettere circa trenta milioni di euro a settimana in acquisto di abitazioni in Belgio.L'egemonia sul territorio è totale, ma il 12 dicembre 2008, due lavoratori ivoriani vengono feriti, uno dei due in gravissime condizioni. La sera stessa, centinaia di stranieri - anche loro, come i ragazzi feriti, impiegati e sfruttati nei campi - si radunano per protestare. I politici intervengono, fanno promesse, ma da allora poco è cambiato. Inaspettatamente, però, il 14 di dicembre, ovvero a due soli giorni dall'aggressione, il colpevole viene arrestato e il movente risulta essere violenza a scopo estorsivo nei riguardi della comunità degli africani. La popolazione in piazza a Rosarno, contro la presenza della 'ndrangheta che domina come per diritto naturale, non era mai accaduto negli anni precedenti.
Eppure, proprio in quel paese, una parte della società, storicamente, aveva sempre avuto il coraggio di resistere.
Ne fu esempio Peppe Valarioti, che in piazza disse: "Non ci piegheremo", riferendosi al caso in cui avesse vinto le elezioni comunali. E quando accadde fu ucciso. Dopo di allora il silenzio è calato nelle strade calabresi.
Nessuno si ribella. Solo gli africani lo fanno.
E facendolo difendono la cittadinanza per tutti i calabresi, per tutti gli italiani.
Difendono il diritto di lavorare e di vivere dignitosamente e difendono il diritto della terra.
L'agricoltura era una risorsa fondamentale che i meccanismi mafiosi hanno lentamente disgregato facendola diventare ambito di speculazioni criminali. Gli africani che si sono rivoltati erano tutti venuti in Italia su barconi. E si sono ribellati tutti, clandestini e regolari. Perche da tutti le organizzazioni succhiano risorse, sangue, danaro.Sulla rivolta di Rosarno, in questi giorni, è uscito un libretto assai necessario da leggere con un titolo in cui credo molto. "Gli africani salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l'Italia" di Antonello Mangano, edito da Terrelibere.
La popolazione africana ha immesso nel tessuto quotidiano del sud Italia degli anticorpi fondamentali per fronteggiare la mafia, anticorpi che agli italiani sembrano mancare.
Anticorpi che nascono dall'elementare desiderio di vivere.L'omertà non gli appartiene e neanche la percezione che tutto è sempre stato così e sempre lo sarà.
La necessità di aprirsi nuovi spazi di vita non li costringe solo alla sopravvivenza ma anche alla difesa del diritto. E questo è l'inizio per ogni vera battaglia contro le cosche.
Per il pubblico internazionale risulta davvero difficile spiegarsi questo generale senso di criminalizzazione verso i migranti. Fatto poi da un paese, l'Italia, che ha esportato mafia in ogni angolo della terra, le cui organizzazioni criminali hanno insegnato al mondo come strutturare organizzazioni militari e politiche mafiose. Che hanno fatto sviluppare il commercio della coca in Sudamerica con i loro investimenti, che hanno messo a punto, con le cinque famiglie mafiose italiane newyorkesi, una sorta di educazione mafiosa all'estero.Oggi, come le indagini dell'FBI e della DEA dimostrano, chiunque voglia fare attività economico-criminali a New York che siano kosovari o giamaicani, georgiani o indiani devono necessariamente mediare con le famiglie italiane, che hanno perso prestigio ma non rispetto. Altro esempio eclatante è Vito Roberto Palazzolo che ha colonizzato persino il Sudafrica rendendolo per anni un posto sicuro per latitanti, come le famiglie italiane sono riuscite a trasformare paesi dell'est in loro colonie d'investimento e come dimostra l'ultimo dossier di Legambiente le mafie italiane usano le sponde africane per intombare rifiuti tossici (in una sola operazione in Costa D'Avorio, dall'Europa, furono scaricati 851 tonnellate di rifiuti tossici).
E questo paese dice che gli immigrati portano criminalità?
Le mafie straniere in Italia ci sono e sono fortissime ma sono alleate di quelle italiane. Non esiste loro potere senza il consenso e la speculazione dei gruppi italiani. Basta leggere le inchieste per capire come arrivano i boss stranieri in Italia. Arrivano in aereo da Lagos o da Leopoli. Dalla Nigeria, dall'Ucraina dalla Bielorussia. Gestiscono flussi di danaro che spesso reinvestono negli sportelli Money Transfer. Le inchieste più importanti come quella denominata Linus e fatta dai pm Giovanni Conzo e Paolo Itri della Procura di Napoli sulla mafia nigeriana dimostrano che i narcos nigeriani non arrivano sui barconi ma per aereo. Persino i disperati che per pagarsi un viaggio e avere liquidità appena atterrano trasportano in pancia ovuli di coca. Anche loro non arrivano sui barconi. Mai.
Quando si generalizza, si fa il favore delle mafie. Loro vivono di questa generalizzazione. Vogliono essere gli unici partner. Se tutti gli immigrati diventano criminali, le bande criminali riusciranno a sentirsi come i loro rappresentanti e non ci sarà documento o arrivo che non sia gestito da loro.
La mafia ucraina monopolizza il mercato delle badanti e degli operai edili, i nigeriani della prostituzione e della distribuzione della coca, i bulgari dell'eroina, i furti di auto di romeni e moldavi. Ma questi sono una parte minuscola delle loro comunità e sono allevate dalla criminalità italiana. Nessuna di queste organizzazioni vive senza il consenso e l'alleanza delle mafie italiane.Nessuna di queste organizzazioni vivrebbe una sola ora senza l'alleanza con i gruppi italiani. Avere un atteggiamento di chiusura e criminalizzazione aiuta le organizzazioni mafiose perché si costringe ogni migrante a relazionarsi alle mafie se da loro soltanto dipendono i documenti, le abitazioni, persino gli annunci sui giornali e l'assistenza legale. E non si tratta di interpretare il ruolo delle "anime belle", come direbbe qualcuno, ma di analizzare come le mafie italiane sfruttino ogni debolezza delle comunità migranti. Meno queste vengono protette dallo Stato, più divengono a loro disposizione. Il paese in cui è bello riconoscersi - insegna Altiero Spinelli padre del pensiero europeo - è quello fatto di comportamenti non di monumenti. Io so che quella parte d'Italia che si è in questi anni comportata capendo e accogliendo, è quella parte che vede nei migranti nuove speranze e nuove forze per cambiare ciò che qui non siamo riusciti a mutare.
L'Italia in cui è bello riconoscersi e che porta in se la memoria delle persecuzioni dei propri migranti e non permetterà che questo riaccada sulla propria terra.

domenica 17 maggio 2009

FELICI NELLE MANI DI UN PAZZO.

Cito una riflessione di Maurizio Blondet, nell'articolo dall'eloquente titolo "Felici nelle mani di un pazzo".
Giudicate se questo non è il ritratto di Berlusconi
Maurizio Blondet 09 maggio 2009
Avvertenza previa: i lettori sono pregati di lasciare in anticamera la tifoseria, sia pro-Berlusconi, sia antiberlusconismo. I pro-Veronica Lario e gli anti-Veronica lascino la sciarpa coi colori della squadra in guardaroba.
Potranno riprenderla all’uscita.Lo dico perché la faccenda è seria. E’ infatti impressionante che l’opposizione, che in questi giorni commenta, centellina con gioia, aligna e ripete le parole di Veronica Lario, tralasci quelle più essenziali e crude, che cito a memoria: «Ho detto a quelli che lo circondano (il Salame) di aiutarlo, è un uomo che non sta bene».Sono convinto che, in questa faccenda da «Bagaglino» che ci coinvolge tutti, qui ci sia una verità grave.
Ho già scritto altre volte che Berlusconi, verosimilmente, soffre di un disturbo psichico.Nella sua forma clinica, conclamata e grave, il disturbo si chiama «mania», ed è in qualche modo il contrario della depressione. Il depresso è fiacco, sempre stanco, pessimista, psichicamente addolorato; non prova piaceri nè sentimenti, è sessualmente annullato. Il maniaco si sente supremamente energico, ottimista ed euforico; cerca la compagnia, fa le ore piccole, dorme due ore per notte e non si stanca mai, è un vulcano di idee vorticanti, e sessualmente iper-attivo. Nella forma grave, la mania porta nei guai: il maniaco sottovaluta gravemente le difficoltà oggettive compra uno yacht da milioni di euro firmando le cambiali che non pagherà, è iper-agitato, aggressivo, istrionico, mentitore, insaziabilmente lubrico, e spesso, per uno di questi comportamenti, finisce in prigione per insolvenza, per rissa o per qualche scandalo sessuale. O rovina le sostanze sue e della famiglia. Può anche finire suicida: la mania è spesso la parte «alta» del disturbo bipolare, dove il soggetto oscilla fra le vette dell’euforia e gli abissi della depressione mortale .
Di questo diturbo esiste però una forma più lieve, sub-clinica, molto ben studiata. Ed è un disturbo, lo si creda o no, socialmente «gradevole». L’ipo-maniaco (si chiama così) è intriso di fiducia in sé e di energia; «pensa positivo»; può lavorare per diciannove ore al giorno; si fa notare come amico generoso, impulsivo e trascinatore; contagia gli altri coi suoi entusiasmi e progetti audaci; piace alle donne per la sua vitalità sessuale. E spesso, la sua impulsività ha successo. Gli dà una marcia in più nella vita sociale.Già nel 1958 uno psichiatra di nome Kurt Schneider descriveva questa personalità «ipertermica» (molto «calda») con questi aggettivi: «Sempre di buonumore, ultra-ottimista, esuberante, ingenuo; vanitoso, vanaglorioso, grandioso; vigoroso, traboccante di progetti, improvvido; gran parlatore, affettuoso, estroverso; indiscreto, importuno; disinibito. Cerca perennemente stimoli; sessualmente promiscuo» .Giudichi il lettore se questo non è il ritratto di Berlusconi.Di fatto, molti uomini politici sono personalità ipo-maniache:instancabili organizzatori, capaci di partecipare ad assemblee e riunioni senza noia né sonnnolenza, sempre attivi, sempre portatori di grandi seducenti progetti, a volte convinti di essere «in missione per Dio», e sempre «buone persone», attraggono gli altri; vengono percepiti come personalità amichevoli, empatiche, fascinose e «magnetiche».La istituzione che chiamiamo democrazia spesso proietta al vertice del potere - col voto - questi uomini, vissuti come dei leader popolari. Ne seguono carriere politiche di grande successo, che però non di rado sono messe a rischio, o naufragano, per qualche scandalo sessuale: vedi Bill Clinton, vedi l’intera famiglia dei maschi Kennedy (il presidente e il fratello Robert, ministro della Giustizia, che si passano la stessa amante, Marylin Monroe; un altro Kennedy politicamente liquidato per il mortale incidente con una ragazza a Chappaquiddick).Il guaio è che l’ipo-mania, finché è dominata o lieve, è un carattere socialmente vantaggioso: spesso costoro sono ricchi, perché nella loro professione sono instancabili;voraci di novità, audaci nelle decisioni, rapidi, capaci di formare all’istante team di collaboratori e di associare gruppi d’interesse diversi; è comprovato che, nelle fasi «alte» della loro euforia, persino il loro quoziente intellettivo aumenta; superano d’un balzo difficoltà e problemi. Proprio per questo, tali personaggi rifiutano le cure (nel caso, il farmaco prescritto è il litio): malati, se mai, sono gli altri, si dicono, i «nati stanchi», i «vecchi». La loro malattia offre loro troppi vantaggi entusiasmanti, perché abbiano voglia di tornare normali. Ossia, di dover dormire otto ore, di sentirsi stanchi dopo viaggi e spostamenti eccessivi, e qualche volta vinti davanti a difficoltà impossibili.Il grave è che questo disturbo si aggrava con l’età in almeno un terzo dei casi. Allora la bella, trascinante euforia diventa qualcosa di maligno. L’ideazione rapida e vulcanica diventa irrefrenabile, delirante. L’attività esuberante diventa attivismo coattivo, incapacità di star fermi, bisogno di muoversi qua e là.Le decine di progetti sempre ribollenti diventano una «fuga di idee» inarrestabile, per cui il soggetto comincia entusiasta un’impresa e la lascia a metà, perché entusiasmato da un’altra idea; la velocità decisionale diventa inconcludenza; l’ottimismo diventa superficialità; sottovaluta le difficoltà in modo suicida. Spesso, il maniaco comincia a frequentare ambienti poco raccomandabili, spintovi dalla ricerca di donnine facili o dal bisogno di altri «stimoli»: e con ciò, può finire nelle mani della polizia. La calda personalità diventa istrionica; per esempio, recita due parti contraddittorie (il buon marito e l’insaziabile amante); nega ciò che ha appena detto, mente per non dover affrontare un’immagine di sé meno gloriosa di quella che si è costruito. E’ incapace di autocritica, e allontana chiunque lo critichi.Il generoso diventa spendaccione, dilapidatore: il che è particolarmente grave per noi contribuenti, se il malato è il premier, con il potere di spendere i soldi pubblici, e di far attuare le sue decisioni improvvide, mal concepite e superficiali. Berlusconi ha dato già numerose prove di colpi di testa maniacali: la improvvisa idea su Alitalia; la ispirazione improvvisa di abbandonare i lavori alla Maddalena, per trasferire il G-20 nella zona terromotata dell’Aquila. Il semplicismo di pagare 150 mila euro a chi ha perso la casa nel terremoto, senza controllo e senza esame.Infine, la partecipazione al compleanno della ragazzotta, figlia di un losco individuo di Casoria: un commesso comunale che però fa feste milionarie e può indicare al premier quali politici candidare nel Napoletano, insomma un probabile capo-bastone .Uno di cui Berlusconi dice: lo conosco da anni, era l’autista di Craxi, solo per essere smentito da Bobo Craxi. Insomma, da vero maniacale conclamato, il Salame ha già dilapidato milioni di euro in progetti folli, e se non lo fermiamo, il suo «ottimismo» ci ridurrà in mutande.Inventa episodi mai avvenuti (come un suo viaggio in Finlandia). E si sta già mettendo nei guai con la frequentazione di bassifondi sociali.Ma chi lo ferma? La vera tragedia non è che Berlusconi sia un pazzo.La vera tragedia è che lui, in Italia, incontra un popolo parimenti patologico, degradato, superficiale, improvvido, privo di profondità e di attenzione ai segni e ai sintomi del degrado sociale. Un popolo dove i bulletti scolastici vengono difesi dai genitori, che ne sono fieri perché «si fanno valere». Dove sembra normale che una quindicenne mandi in giro, a Mediaset, alla RAI, alle varie case dello spettacolo, le sue foto in bikini, incoraggiata da mammà e papà («Sono fatti suoi, dopotutto»). Dove non si trova niente da ridire che una fellatio possa essere retribuita con un ministero per la fellatrix, che masse di tifosi mettano le città a ferro e a fuoco, che un terzo dei deputati tiri di coca. Dove costruire case di sabbia in zona sismica sembra una scusabile astuzia del mestiere edile. Dove sembra normale che un magistrato diventi parlamentare.E’ un popolo che vive, nella sua vita quotidiana, come le comparse del «Grande Fratello» e di «Amici»; per il quale, si è rovesciata ogni distinzione non si dice fra il bene e il male, ma fra il dignitoso e l’indecente, ciò di cui vergognarsi e quello di cui gloriarsi.Ora, non c’è speranza che questo popolo si accorga di farsi governare da un matto, e lo bocci alle elezioni. Chi potrebbe dunque avviare la pratica - non prevista dalla costituzione - di interdizione del capo del governo, e il suo affidamento sotto la tutela di un curatore?L’opposizione? A parte che ha fatto votare Luxuria e la Madia (belloccia fidanzata di un figlio di Napolitano), ha tanto esagerato nel suo anti-berlusconismo viscerale e irrazionale, da aver perso ogni plausibilità: esattamente come il bambino che si divertiva a gridare «al lupo», e quando il lupo venne, nessuno gli credette.La magistratura? Peggio ancora. La casta giudiziaria ha manifestato tanta preconcetta ostilità contro il Salame, ha avviato tante centinaia di processi mal motivati e mal condotti per incenerirlo, che oggi - che ce n’è bisogno - una sua iniziativa per fermare il pazzo verrebbe accolta dall’irritato scetticismo dellla maggioranza degli italiani.«Ancora? Quelli ce l’hanno con lui». Del resto, in questo caso di Casoria e del discutibile commesso comunale che pare possa dire a Berlusconi chi candidare, i magistrati si sono ben guardati di «aprire un’inchiesta». Forse capiscono da soli, persino loro, che nella loro lotta di potere, hanno svenduto ogni loro autorevolezza.Nessuno li crede più capaci di oggettività, equanimità e visione razionale.Dovrebbe agire il presidente della repubblica: Ma chi? Quello che faceva le creste sulle note-spese come deputato europeo. Ci vorrebbe un medico di grande fama, ma chi? Quel furbo malvissuto chiamato Veronesi? O la Levi Montalcini, dal premio Nobel sospetto?Ecco il nostro tragicomico problema: in Italia, non c’è una istituzione indiscussa. Nessuna autorità rispettata da chiunque, super-partes. Nessuna «chiara fama» che si sappia con certezza meritata. Insomma: nessuna istanza superiore, che si imponga da sé per la propria oggettiva autorità.Nessuna CEI la cui parola non venga accolta da cachinni e insofferenza. Nessun intellettuale o accademico che abbia mai dato la minima prova di occuparsi del bene comune.E’ questo il nostro problema: la nostra società non ha il «piano alto», una corte suprema di integri e indiscutibili. S’è liberata da tempo dai suoi migliori, per non essere giudicata. E crede di non averne bisogno.Nella nostra società, si guadagna il potere perdendo la propria autorità, svendendola, scambiandola. E così, non c’è un potere che possa difenderci da un vero pericolo per lo Stato, che si presenta in questa forma inedita di un ammalato psichico al comando.Le infinite tavole rotonde, talk-show di Bruno Vespa, «Annizeri», non colgono il problema né tantomeno lo risolvono. Ci tocca sentire un barlume della dolorosa verità dalle labbra di Veronica Lario: ma sono labbroni inverosimilmente gonfiati al silicone, ridicole protesi da adescamento artificiale oltre l’età; nessuna verità resta credibile, nessun dolore può pretendersi autentico, su quelle labbra.Ecco il problema. Preghiamo i lettori di non dimenticare di ritirare dal guardaroba i loro oggetti personali: sciarpe della squadra, berretti Forza Italia, foto di Veronica a tette nude, tifoserie assortite, triccheballacche e putipù. 1) Il ritratto, affascinante e patetico insieme, di una personalità maniacale ciclotimica è stato raffigurato molto bene in un film del 1993: «MR. Jones», protagonista Richard Gere.2) Citato in John Ratey e Catherine Johnson, «Shadow Syndromes», New York, 1997.3) Sul rapporto fra «papi» e la famiglia Letizia (del commesso di Casoria, mi limito a riportare un’agenzia: «Vediamo i fatti e le novità: il capo del governo era in Polonia, tutti i giornalisti che erano al seguito ascoltano queste sue parole riferite a Benedetto Letizia, il padre di Noemi«Lo conosco da anni, era l’autista di Craxi». Non era vero. Berlusconi viene sbugiardato da Bobo Craxi. Allora da Palazzo Chigi arriva la solita nota . «Il presidente Berlusconi non ha mai detto che il signor Letizia fosse l’autista di Craxi». Allora dove e come ha conosciuto questo signore, di professione ragioniere, ma impiegato comunale a Napoli come commesso? Prima dirigeva la segreteria del direttore dell’assessorato all’Annona proveniente dalla segretaria dell’assessore Giovani Grieco, del PSDI, partito cui era iscritto Letizia.Era rimasto impigliato in una scabrosa vicenda giudiziaria con l’accusa di peculato e concussione, e arresti domiciliari nel 1993, poi assolto in appello, reintegro al Comune. Dice in un’intervista a Repubblica che le affinità con Silvio sono «la politica, l’interesse per il bello, forse un po’ galante». Cosa significhi «forse un po’ galante» non si capisce, il resto lascia supporre un rapporto politico. Tanto che «raccomanda» a Berlusconi di inserire Flavio Martusciello nelle liste per le europee.Il cavaliere lo accredita, di fatto, come un esponente del centrodestra napoletano. Letizia ha fatto parte di un comitato elettorale del consigliere regionale del Pdl il quale ora dice «Lui non è mai stato uno dei miei supporter più assidui» e che non sapeva di questa amicizia con Berlusconi.Strano davvero: Lui raccomanda Martusciello a Berlusconi e al raccomandato non fa sapere che è intimo del premier tanto che regala alla figlia collier d’oro con brillanti? Eppure anche a Porta a Porta Berlusconi continua nella poco credibile versione. Letizia non svela i motivi di una amicizia così stretta ed anche la moglie Anna non vuol dire niente dal rapporto fra la sua famiglia e «papi», anche lei lo chiama così. «Ho educato mia figlia al Vangelo»: dice la bella signora Anna. Ma non risulta che il Vangelo lo si onori con le foto alquanto «osé» della allora minorenne Noemi. Così come non lo si onora cantando insieme a «papi» le canzoni di Apicella. Sentite cosa avrebbe detto la fanciulla: «Vado a trovarlo a Roma o a Milano, perché mica può venire sempre lui qui. Lo adoro, gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che lui desidera da me. Sogno di fare la show girl. Perché io so fare tutto, una Carlucci, una Cuccarini». Leggi questo post nel blog dell'autore