"Pochi sono grandi abbastanza da poter cambiare il corso della storia. Ma ciascuno di noi può cambiare una piccola parte delle cose, e con la somma di tutte quelle azioni verrà scritta la storia di questa generazione"
Robert Francis Kennedy

venerdì 28 agosto 2009

Berlusconi, l'uomo che il mondo ci invidia

fonte: Beppegrillo.it
Accappatoio Selvaggio ha chiesto un risarcimento per un milione di euro al Gruppo L'Espresso per dieci domande pubblicate su Repubblica.
Il più grave tra i quesiti è stato: "Alla luce di quanto è emerso in questi due mesi, quali sono, signor presidente, le sue condizioni di salute?".
Non si fanno questo tipo di domande a un vecchio signore di SETTANTAQUATTROANNI con la testa incatramata, problemi di cuore, operazioni alle spalle, che non scopa se non ha il piacere della conquista.
Non si fanno queste domande.
Non bisogna neppure pensarle. Berlusconi è il premier di una grande potenza,
un politico di levatura mondiale, un soggetto da candidare al premio Nobel per la Pace,
un marito fedele, un padre affettuoso, un implacabile persecutore della mafia,
una persona incorrotta e incorruttibile, uno che sa vestirsi e parlare in pubblico,
un tipo sincero fino all'autolesionismo, un nonno di altri tempi,
uno che sceglie i suoi amici in base alla loro onestà e rettitudine,
un amante della libera informazione ed estimatore di Biagi e Montanelli,
un signore che odia i compromessi, che mantiene sempre la parola data, che si è fatto da solo grazie ai consigli di suo padre e al suo impegno incrollabile,
che non ha mai evaso le tasse, che ha costruito un impero economico, che non si è mai drogato, che ha vinto tutto con il Milan,
un perseguitato dalla magistratura che vuole però mantenere indipendente contro i suoi stessi interessi, uno statista con il senso dello Stato,
un politico che nessuno, proprio nessuno, può ricattare, un sincero democratico antifascista, un credente, un cattolico di spiritualità profonda,
un uomo che risponde a tutte le domande se sono poste con garbo, senza malizia e non sono tendenziose, già anticipatrici di un giudizio negativo che lui non si merita,
un presidente operaio, costruttore, comunicatore, banchiere, elettricista, idraulico,
un alfiere dell'ottimismo a ragion veduta, una persona perbene che odia la corruzione e gioca sempre pulito, un galantuomo di cui ci si può fidare,
un vecchio signore a cui affidare con tranquillità le proprie figlie, un italiano lucido, di una coerenza impressionante, un campione che ci invidia tutto il mondo e, per questo, per pura malignità, l'informazione internazionale gli dedica articoli innominabili pieni di risposte e senza domande,
un caro amico di statisti democratici come Gheddafi e Putin, un compagnone di Obama del quale condivide gli obiettivi,
un vecchio che sfida il tempo e sembra sempre più giovane di un paio di mesi, uno che sa fare il nodo della cravatta a pallini meglio del compianto conte Nuvoletti, un personaggio sempre allegro, ottimista, vitale che racconta barzellette,
un simpatico, un bell'uomo, alto il giusto, con un sorriso largo che infonde speranza, un amico fidato che si preoccupa anche del tuo loculo per starti vicino nell'eternità, un cantante da crociera e da villa Certosa, un sincero ammiratore dei talenti femminili, un unicum che un fato benigno ha donato all'Italia, un nuclearista sicuro.
E adesso, querelatemi!

giovedì 27 agosto 2009

L'assalto finale al fortino di RaiTre

fonte: Repubblica

di CURZIO MALTESE

GLI attuali direttori di Tg3 e RaiTre, Antonio Di Bella e Paolo Ruffini, sono ritenuti da tutti ottimi professionisti, fra i migliori della Rai. Hanno ottenuto del resto, sia in qualità che in quantità d'ascolti, molti eccellenti risultati. Tranne l'unico che conti nell'Italia di oggi: piacere a Berlusconi. Per questo il sultano ha dato ai vertici di viale Mazzini l'ordine di farli fuori, trovando una scusa. Compito non facile, perché di ragioni davvero non ce ne sono. Ma quando non esistono spiegazioni logiche, di solito basta inventarsi un complotto e un colpevole. I vertici Rai, che invece non brillano né per doti professionali né per fantasia, hanno infine convenuto d'indicare all'opinione pubblica il colpevole più banale: la sinistra. È ormai come dire che l'assassino è il maggiordomo, ma funziona sempre. Sarebbe il Pd a volere il caos della terza rete per poter lottizzare dopo il congresso, secondo il volere del vincitore. L'ipotesi sembra troppo cretina perfino per gli elevati standard di autolesionismo del centrosinistra. Ma Antonio Di Pietro, per esempio, ci crede e dà una mano ad addossare alla sinistra la colpa dell'epurazione voluta da Berlusconi. Naturalmente ai tre candidati alla segreteria del Pd, Pierluigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino, basterebbero dieci minuti per smontare la vicenda. Il tempo di prendersi un caffè insieme e annunciare il via libera alle nomine di RaiTre. Ma evidentemente i tre non sono in grado di prendere insieme neppure un caffè, oppure non capiscono la portata della minaccia. Nel mirino di Berlusconi non ci sono tanto questa o quella poltrona Rai, le ha già quasi tutte. Se così fosse, non varrebbe neppure la pena di parlarne. Ma al premier interessa piuttosto eliminare un gruppo di programmi amati e, per lui, pericolosi. Si tratta anzitutto di "Che tempo che fa" di Fabio Fazio e di "Report" di Milena Gabanelli, fiori all'occhiello della rete, quindi dei salotti di Serena Dandini e di Daria Bignardi, "Parla con me" e "L'era glaciale".
Un bouquet di trasmissioni che ha molti meriti o demeriti, dipende dai punti di vista. Riescono a coniugare qualità e popolarità, danno un senso al concetto di servizio pubblico e tengono attaccato alla Rai un pezzo d'Italia moderna e intelligente, assai ambita dai pubblicitari, la quale altrimenti sarebbe già del tutto emigrata sul satellite. L'obiettivo del premier e padrone di Mediaset è di cancellarli. Stavolta con calma, senza editti, lavorando di cesello sul palinsesto e tagliando i fondi. Il direttore Ruffini, degno erede di Angelo Guglielmi, non accetterebbe mai di sottoscrivere una simile sterilizzazione della rete. Occorre dunque uno spaventapasseri di sinistra disposto alla bisogna, in cambio della poltrona. Se ne trovano a mazzi, basta fare un fischio e si forma la coda davanti a Palazzo Grazioli. I nuovi direttori di Tg3 e RaiTre faranno tanti complimenti a Fazio e Gabanelli, Littizzetto e Dandini, ma diranno che è venuto il tempo di cambiare, innovare. In peggio, aggiungiamo pure. Può stupire che Berlusconi, con tutto il potere di cui dispone, si concentri su questa battaglia. Ma il risultato alle elezioni europee di giugno l'ha ormai convinto che anche le riserve indiane debbano essere bonificate e gli ultimi professionisti della comunicazione vadano sostituiti con burattini pubblicitari manovrati da Palazzo Chigi. Il piano d'assalto all'ultima roccaforte indipendente dall'egemonia berlusconiana è astuto e probabilmente andrà in porto. A meno che Franceschini, Bersani e Marino non trovino quei dieci minuti per disinnescarlo. Ma sono troppo impegnati a discutere sulla forma del partito e il suo radicamento nel territorio. L'ipotesi che l'attuale RaiTre sia ormai il principale radicamento nel territorio della cultura progressista in Italia sopraggiungerà soltanto fra qualche anno, come si dice in questi casi: a babbo morto. (27 agosto 2009)

La Rai rifiuta il trailer di Videocracy "E' un film che critica il governo"

fonte: Repubblica

di MARIA PIA FUSCO

ROMA - Nelle televisioni italiane è vietato parlare di tv, vietato dire che c'è una connessione tra il capo del governo e quello che si vede sul piccolo schermo. La Rai ha rifiutato il trailer di Videocracy il film di Erik Gandini che ricostruisce i trent'anni di crescita dei canali Mediaset e del nostro sistema televisivo. "Come sempre abbiamo mandato i trailer all'AnicaAgis che gestisce gli spazi che la Rai dedica alla promozione del cinema. La risposta è stata che la Rai non avrebbe mai trasmesso i nostri spot perché secondo loro, parrà surreale, si tratta di un messaggio politico, non di un film", dice Domenico Procacci della Fandango che distribuisce il film. Netto rifiuto anche da parte di Mediaset, in questo caso con una comunicazione verbale da Publitalia. "Ci hanno detto che secondo loro film e trailer sono un attacco al sistema tv commerciale, quindi non ritenevano opportuno mandarlo in onda proprio sulle reti Mediaset". A lasciare perplessi i distributori di Fandango e il regista sono infatti proprio le motivazioni della Rai. Con una lettera in stile legal-burocratese, la tv di Stato spiega che, anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa un critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto. "Una delle motivazioni che mi ha colpito di più è quella in cui si dice che lo spot veicola un "inequivocabile messaggio politico di critica al governo" perché proietta alcune scritte con i dati che riguardano il paese alternate ad immagini di Berlusconi", prosegue Procacci "ma quei dati sono statistiche ufficiali, che sò "l'Italia è al 67mo posto nelle pari opportunità"".
A preoccupare la Rai sembra essere questo dato mostrato nel film: "L'80% degli italiani utilizza la tv come principale fonte di informazione". Dice la lettera di censura dello spot: "Attraverso il collegamento tra la titolarità del capo del governo rispetto alla principale società radiotelevisiva privata", non solo viene riproposta la questione del conflitto di interessi, ma, guarda caso, si potrebbe pensare che "attraverso la tv il governo potrebbe orientare subliminalmente le convinzioni dei cittadini influenzandole a proprio favore ed assicurandosene il consenso". "Mi pare chiaro che in Rai Videocracy è visto come un attacco a Berlusconi. In realtà è il racconto di come il nostro paese sia cambiato in questi ultimi trent'anni e del ruolo delle tv commerciali nel cambiamento. Quello che Nanni Moretti definisce "la creazione di un sistema di disvalori"". Le riprese del film, se pure Villa Certosa si vede, è stato completato prima dei casi "Noemi o D'Addario" e non c'è un collegamento con l'attualità. Ma per assurdo, sottolinea Procacci, il collegamento lo trova la Rai. Nella lettera di rifiuto si scrive che dato il proprietario delle reti e alcuni dei programmi "caratterizzati da immagini di donne prive di abiti e dal contenuto latamente voyeuristico delle medesime si determina un inequivocabile richiamo alle problematiche attualmente all'ordine del giorno riguardo alle attitudini morali dello stesso e al suo rapporto con il sesso femminile formulando illazioni sul fatto che tali caratteristiche personali sarebbero emerse già in passato nel corso dell'attività di imprenditore televisivo". "Siamo in uno di quei casi in cui si è più realisti del re - dice Procacci - Ci sono stati film assai più duri nei confronti di Berlusconi come "Viva Zapatero" o a "Il caimano", che però hanno avuto i loro spot sulle reti Rai. E il governo era dello stesso segno di oggi. Penso che se questo film è ritenuto così esplosivo vuol dire che davvero l'Italia è cambiata". (27 agosto 2009)

mercoledì 5 agosto 2009

Il partito del Sud? Botteghino per la mafia

Il dibattito sulla nascita del partito del Sud giunge nei giorni in cui Luigi De Magistris diventa presidente della Commissione controllo Bilancio dell’Unione europea. Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia nonché leader dell’Mpa ideatore e ideologo di questo partito, parla di "impegni disattesi" da parte del governo. Tradotto: soldi per il ponte sullo Stretto, soldi per la Salerno-Reggio Calabria, soldi per le aree sottoutilizzate (Fas) l’equivalente di 2 miliardi di euro deliberati dalla Conferenza delle Regioni e province autonome mai giunti al Cipe: per l’85% al Sud e appena il 15% al Nord. Il partito del Sud serve anche per rinnovare la richiesta di vantaggi fiscali per i lavoratori del settore turistico (Daniele Martinelli).
Peccato che la Sicilia, dopo 60 anni di finanziamenti e di miliardi che non si contano più, brulica di rifiuti ammassati in migliaia di strade. Molti treni sono laidi e devastati, le linee ferroviarie sono pericolose, malandate e senza manutenzione, le strade sono disseminate di buche, i cartelli stradali non esistono, le stazioni sono sguarnite, mancano gli orari alle fermate dell’autobus, gli ospedali sono di sabbia, i pronto soccorso vanno a rilento, la sicurezza è una chimera, regnano i cani randagi assieme ad arrendevolezza e omertà. Salvo rari casi di meridionali incazzati in una regione che, oltre il record di deputati e di personale assunto nel carrozzone pubblico serbatoio di voti, sarebbe il giardino d’Italia se solo la sua classe dirigente avesse impiegato con onestà un solo spicchio di fondi, che invece sono stati regalati alla malavita mafiosa collusa con la politica.Intanto il corruttore che vive alla giornata, attanagliato dalle sue paturnie personali nell’intento di non far sapere e di dimenticare, annuncia una sorta di nuova Cassa del Mezzogiorno, per la quale dice di stanziare 18 miliardi entro il 2013. Ma i soldi non ci sono perché sono finiti. Il Cipe entro l’imminente autunno sarà a secco. Il Pdl chioccia dell’assistenzialismo siciliano non potrà garantire provvidenze a tempo indeterminato. Il rubinetto si chiude e il partito del Sud è un’inutile travestimento del Pdl che mira ad alimentare false speranze.Ma, come scrivevo all’inizio, il partito del Sud nasce proprio nei giorni in cui Luigi De Magistris diventa presidente della Commissione controllo Bilancio della Ue. Politici e mafiosi col vizio di abbuffarsi di fondi pubblici da veicolare sui conti correnti dello Ior mettono le mani avanti. Si appellano al governo del corruttore per “prevenire” eventuali ammanchi derivanti dai controlli europei.I ribelli siciliani, che col patto mafioso stretto assieme a Forza Italia tengono il partito azienda più votato dell’isola, intravedono nel corruttore un perfido nanetto potentissimo e avaro. Senza soldi da ingurgitare a sbafo, il centro destra siciliano si spacca in una rivolta che pare non placarsi. Per poter mantenere il potere, e i voti, bisogna garantire la politica dei 40 assunti per ogni sottopasso cittadino come accade in almeno 4 zone di Palermo.Le barzellette di Renato Schifani, che fino al 2006 prometteva futuro trionfale e di benessere in Sicilia, puntualmente disattese, hanno acceso le ire di Raffaele Lombardo. Ma non quelle della Lega nord, passiva come una escort di basso bordo davanti ai 140 milioni di euro che il corruttore ha regalato al comune di Catania del suo medico Scapagnini, traghettato in parlamento dopo aver portato la città sul lastrico.Insomma, il partito del Sud è l’ennesima, vergognosa e laida tentazione di un meridionalismo tutto politico e rivendicativo che, assieme alla Lega di Borghezio, si mostra nel suo lato più volgare di evidente maceria di un’unità d’Italia mai compiuta, perennemente e profondamente divisa. E ormai in bancarotta.