"Pochi sono grandi abbastanza da poter cambiare il corso della storia. Ma ciascuno di noi può cambiare una piccola parte delle cose, e con la somma di tutte quelle azioni verrà scritta la storia di questa generazione"
Robert Francis Kennedy

mercoledì 29 maggio 2013

I cicli settennali della vita

La vita possiede uno schema interiore che è bene comprendere.
I medici affermano che ogni 7 anni il corpo e la mente attraversano una crisi e un cambiamento.
Ogni 7 anni tutte le cellule del nostro corpo si rinnovano…allo scadere del 7° anno, ogni cosa è cambiata in noi, proprio come cambiano le stagioni. La linea della vita inizia alla nascita e termina con la morte. Dopo i 70 anni, il cerchio si chiude. Quel cerchio è diviso in 10 parti.
Durante i primi 7 anni, il bimbo è concentrato su di sé, come se fosse il centro del mondo. Tutta la famiglia gli ruota intorno pronta a soddisfare ogni suo desiderio e se non lo fa, il bimbo fa i capricci, cade in preda alla collera, all’ira.
Nei suoi primi 7 anni, il bambino è un perfetto egoista. Lui vive in uno stato di “ masturbazione “, totalmente appagato di se stesso…. Non ha bisogno di altro: si sente completo.
Trascorsi i 7 anni, avviene il passaggio: non è più concentrato su se stesso e si muove verso gli altri … pone un sacco di domande. Annoia a morte i genitori, diventa un tormento vivente perché diventa sempre più filosofo: è un ricercatore scettico che vuole penetrare nelle cose. Distrugge un giocattolo perché vuole vedere come funziona; uccide una farfalla per vedere come è fatta dentro. Il suo interesse si orienta sugli altri ma solo su quelli del suo sesso. Gli psicologi definiscono questo secondo settennale lo stadio “ omosessuale “.
Dopo il 14° anno di età, si apre una nuova porta: l’interesse per l’altro sesso. Questo è il periodo dell’eterosessualità. La sessualità è matura, il ragazzo/a comincia a pensare al sesso e nei suoi sogni predominano le fantasie sessuali. Comincia il corteggiamento…fa il suo ingresso nel mondo.
A partire dal 21° anno, se tutto si è evoluto nella normalità il/la giovane comincia a interessarsi a mete più ambiziose e un po’ meno all’amore. Desidera beni materiali, vuole il successo…si manifesta l’ambizione, come competere e lottare per far carriera. Tutto il suo essere è attratto dal potere,dal prestigio e su come ottenerli.
Verso i 28 anni, capisce che non può ottenere tutto ciò che vuole..
Ha compreso che molti suoi desideri sono impossibili e comincerà a focalizzare la possibilità di aprirsi un’altra porta. Li focalizzerà sulla comodità e la sicurezza anziché sull’avventura e sull’ambizione. A 28 anni termina la vita da “ spensierato “. Ora è l’età in cui si diventa inquadrati . Si pensa ad aprirsi il conto in banca, a prendere casa,  a stipulare un’assicurazione…insomma, pensa a sistemarsi.
A 35 anni l’energia vitale raggiunge il punto Omega: metà del cerchio della vita è stato completato. Da questo momento inizia il declino dell’energia. Ora non ci si interessa più solo alla sicurezza e comodità, ma si diventa anche conformisti. Ciò che può destabilizzare o sconvolgere la propria vita diventa tabù. A partire da ora, si entra a far parte del mondo convenzionale: cominci a credere nelle tradizioni, nel passato, nella religione. Ora le regole non fanno più paura, l’ordine e la disciplina entrano a far parte del nostro mondo.
A partire dai 42 anni, iniziano i disturbi fisici e mentali. Inizia il declino. Questa è l’età più pericolosa; quella che mette in crisi. I capelli diventano grigi, cominciano a cadere…la pelle è più spenta e cede sotto la forza della gravità. Intorno ai 42 anni ci si comincia a interessare seriamente alla religione. Si sente il bisogno di credere in qualcosa di supremo e di meditare.
A 49 anni inizia il declino sessuale e con esso anche tutti i sensi di colpa che ne derivano. La società esercita una grande pressione visto che impone un ruolo sessuale attivo e un uomo comincia a sentirsi in colpa o a colpevolizzare la patner perché non ha tutti i rapporti che la società “ dice “ che dovrebbe avere.
A 56 anni in poi si inizia a perdere interesse verso gli altri, verso le formalità e la società. INIZIA IL PROGRESSIVO CAMMINO VERSO LO SANNYASIN, ovvero la ricerca del vero. Inizia la scalata verso la concentrazione di se stessi, che arriva al culmine a 63 anni. Ora si è come dei bambini….si pensa solo a se stessi. Si entra nella propria interiorità, proprio come nella fanciullezza, ma arricchiti di conoscenza, di maturità e in grado di comprendere. E’ anche il momento in cui ci si prepara internamente alla morte. Il che non significa aspettare di morire, ma essere pronti a morire con calma e serenità, consapevoli di essere venuti al mondo per imparare dagli altri e da se stessi….
A 70 anni si dovrebbe essere pronti. Se la vita ha seguito uno schema naturale, prima della morte, giusto nove mesi prima, si diventerà consapevoli che la morte stà arrivando. Così come il feto ha impiegato 9 mesi per poter vedere la luce, così si diventerà – 9 mesi prima – consapevoli della morte : ora si entra di nuovo nell’utero, quello dentro di noi. Gli indiani lo chiamano “ Garbha “ ed è ovviamente simbolico. E’ semplicemente il nostro ricettacolo interiore, dove vive il nostro Dio, da sempre.
Questo processo naturale settennale, è il ciclo della vita !!
Tratto da : La maturità – di Osho

sabato 18 maggio 2013


Vivere (e andarsene) da Messina. Le confessioni di un siciliano emigrato


Messina è una città che probabilmente negli anni ha prodotto innumerevoli ingrati - me per primo. È facile lamentarsi di Messina: non funziona niente, non cambia niente, non c'è futuro, non c'è nenti. Come si fa a non odiarla? I cittadini hanno dimostrato negli anni un talento impareggiabile nell'eleggere sindaci che nella migliore tradizione romana hanno approfittato della posizione per riempirsi le tasche e lasciare la città in balìa di se stessa; e hanno anche dimostrato di accettare queste situazioni con lastoicità del condannato a morte che accetta la pena con serenità, per senso di colpa.
Ma che senso di colpa hanno avuto i nostri padri, che senso di colpa abbiamo noi e avranno i nostri figli per sorbirci questo scempio? Quando ci siamo convinti che lo status quo fosse insensibile ai nostri desideri di vivere in un posto migliore? Quando ci siamo rassegnati? In una maniera un po' tragica, Messina è come quei ragazzi che a scuola "sono bravi ma non si impegnano" (presente!). Siamo un po' la sintesi peloritana dell'Italia degli ultimi trent’anni, ma questa è un'altra riflessione…
La nostalgica scelta di tanti di noi ingrati è stata quella di emigrare. Bello emigrare. Vedi posti nuovi, puliti, funzionanti; cambi modo di vedere le cose, conosci gente nuova, si aprono porte a posti che non conoscevi o pensavi non avresti mai potuto visitare. E – ciliegina sulla torta – ti puoi lamentare di Messina quanto ti pare e piace, dall'alto del piedistallo di chi, coerentemente con le sue convinzioni, ha fatto le valigie, ha lasciato le proprie radici e se n'è andato. Ma a quale prezzo? Ogni tanto, quando mi affaccio da qualcosa – un balcone, un ponte, una finestra – abbasso la guardia, e la saudade che da anni mi accompagna silenziosa s’impossessa di me.
La mia mente normalmente occupata dalla preoccupazione di quale sarà il prossimo gioco alcolico a farmi perdere la memoria, si porta avventatamente avanti con gli anni, a quando una mia ipotetica famiglia potrebbe visitare la mia cara Zancle(mi piace chiamare Zancle quella che immagino comela parte bella di Messina, la parte che molti conoscono ma di cui pochi fanno tesoro), e faccio un tour onirico delle tappe d’obbligo. Sono tantissime. Vorrei che i miei figli potessero vivere, vedere, sentire, mangiare e capire tutto.
Vorrei che potessero mangiare la focaccia, gli arancini, le braciole, la norma, u piscistoccu, u tajuni, i pitoni, a sosizza, i cannoli, la frutta martorana, la pignolata, il bianco e nero, la granita, la mattonella gianduja, il mezzo freddo macchiato, la limonata al sale di Piazza Cairoli, il Piccolo Caffè, il Cavour Primo, Lilla Currò, le Dolci Tentazioni, l’Edera, l’Eden, Rowenta, Barbuzza, persino l’Ancora.
Vorrei che potessero vivere un lunedì di pasquetta, un 25 aprile, un primo maggio tutti di fila sui colli San Rizzo, salire a ‘ndinnammare in motorino dopo avere “sparato” durante una di quelle mattine autunnali quando rinchiudersi in classe è un crimine contro l’umanità, farsi un pranzo e un falò a Ferragosto – che crudelmente non sono sempre in quest’ordine –, trascinarsi al bar più vicino durante una stanca mattina estiva per decidere letargicamente come ripetere la notte precedente ma convincendosi che sarà una notte diversa, fare la spola tra Piazza dei Catalani e il Duomo per vedere gente e farsi vedere invece di rinchiudersi fra quattro mura con altrettanti amici fidati e passare una notte più autentica.
Vorrei che potessero imprimere nelle loro memorie la vista dalla Caronte quando sta attraccando, e la vista della Caronte quando sta attraccando, la surreale giallinità di un giorno di scirocco, la catarsi del monsone di fine agosto che lava via l’estate, la cristallinità di una spatara che attraversa lo stretto al momento giusto mentre stai scendedo da Granatari, le mille vite pulsanti delle luci sulle due sponde quando ci si affaccia da Curcuraci o dall’Annunziata alta. Vorrei che Michele u Babbu gli cantasse una canzone a natale o che Alì gli vendesse una rosa. Come si fa a non amarla, Zancle?
E poi, nel giro di pochi secondi, la mia mente mi riporta al posto dove sono finito per colpa del mio odio per Messina, con l’eco del mio amore per Zancle che mi fa ossimoricamente desiderare che i miei figli possano vivere questa Messina senza mai essere costretti ad abitarci.