"Pochi sono grandi abbastanza da poter cambiare il corso della storia. Ma ciascuno di noi può cambiare una piccola parte delle cose, e con la somma di tutte quelle azioni verrà scritta la storia di questa generazione"
Robert Francis Kennedy

martedì 20 ottobre 2009

Lettera all'Italia infelice di Roberto Saviano


fonte: L'espresso
Lettera all'Italia infelice


di Roberto Saviano

Ecco alcuni stralci del testo dello scrittore. L'intera lettera di Saviano è pubblicata su 'L'espresso' in edicola venerdì 16 ottobre
"Se la libertà è divenuto tema di dibattito continuo, quasi ossessivo in Italia vuole dire che qualcosa non funziona. Verità e potere non coincidono mai e quello che sta accadendo in questi giorni lo dimostra. Ci sono lezioni che non si imparano, disastri naturali che si ripetono come se la storia non ci avesse insegnato nulla e sacrifici di persone che hanno lottato per rendere questo Paese migliore che vengono dimenticati se non ignorati o peggio insultati. Qualcosa non funziona perché non si vuole capire quello che è accaduto e che quello che avviene tutti i giorni: non si racconta il presente, non si analizza il passato, tutto diventa polemica, dibattito sterile; tutto si avvita in un turbine di gelosie e di guerre tra bande. La folla di piazza del Popolo mi ha stupito, stordito, emozionato. Non sapevo cosa dire: quella che avevo davanti era una testimonianza incredibile, non ero più abituato a vedere tanti volti e tanto sole. Da quando tre anni fa sono stato messo sotto protezione e costretto a vivere con la scorta non avevo mai potuto sentire un vento di speranza così forte.

Alla gente in Italia non interessa la libertà di stampa, non si preoccupa per il fatto che sia stata offuscata e minacciata da quello che sta accadendo: la libertà di stampa non è importante perché non la si considera necessaria e utile al proprio quotidiano. Non capiscono quello che stanno rischiando, quanto possono perdere. Se ne accorgeranno solo quando riusciranno a vedere con occhi diversi e comprenderanno che oggi sulla maggioranza dei media la vita non viene raccontata ma rappresentata. Ricostruita secondo luci e dinamiche che la rendono finta. Verosimile ma lontana dal reale: come quelle foto ritoccate al computer per cancellare le imperfezioni, far sparire le rughe, il peso del tempo e gli acciacchi del divenire fino a rendere un'immagine diversa delle persone che così rinunciano persino a specchiarsi. Ci viene raccontata un'Italia allegra, il Paese del bel mangiare e delle belle donne. Ci viene imposto il modello di un Paese spensierato, in fila per partecipare alla fortuna milionaria delle lotterie e per vincere un posto in un reality show. Ma l'Italia oggi è profondamente infelice e triste. Vive nella cattiveria di una guerra per bande generalizzata, di un sistema animato dalle invidie. E la nostra percezione è così lontana dalla realtà da impedirci anche di renderci conto dell'infelicità. Ho sempre dentro il racconto di un immigrato africano che incontrai a Castel Volturno prima delle riprese del film "Gomorra": "La cosa che odio degli italiani è la loro gelosia, quell'invidia cattiva che hanno nei confronti di chiunque riesca ad ottenere qualcosa. Quando in Francia lavori molto, riesci a guadagnare e puoi comprarti una bella macchina, ti guardano riconoscendo il risultato. Dicono: "Quanto ha faticato per farcela". Invece quando in Italia ti vedono al volante della stessa auto senti subito che ti stanno dicendo "Stronzo bastardo". Non si pongono nemmeno la domanda su quanti sacrifici hai fatto, scatta subito una gelosia che si trasforma in odio. Questo accade solo nei paesi dove i diritti divengono privilegi, e quindi dove il nemico non è il meccanismo sociale che ha permesso questo, ma bensì chi riesce ad avere quel diritto. Una guerra tra vicini ignorando i responsabili del disastro. Questo si combatte solo raccontando quello che non va, perché solo raccontando la realtà di quest'Italia arida si potrà sconfiggere l'infelicità: la libertà di stampa è utile per essere felici".

"L'assenza di serenità ci porta a rinunciare alla libertà di stampa. Sapere che la replica al proprio "lavoro non sarà una critica, ma un'offesa o un attentato alla sfera privata spinge ad autocensurarsi, convince a non attaccare qualunque autorità, rende schiavi di ogni potere. Dopo l'editoriale di Augusto Minzolini sul Tg1 mi sono chiesto se si rendesse conto di quello che stava facendo. Avrei voluto dirgli che manifestare per la libertà di stampa significava manifestare anche per lui, anche per il suo futuro: un futuro in cui se si potrà ancora parlare del potere, se lo si potrà criticare è perché qualcuno ha lottato per renderlo possibile. Si è scesi in piazza anche per lui, perché lui domani possa continuare a dire quello che dice oggi anche se dovesse cambiare il potere che difende le sue parole".
 
"Fare il politico oggi nell'immaginario è fare il lavoro più semplice e comodo. Mi vengono alla mente le famiglie meridionali in cui il figlio più intelligente fa l'imprenditore e quello incapace il politico. Invece la politica dovrebbe essere una responsabilità pesante e difficile, un mestiere duro. Capisco il fastidio che può avere un politico a essere esaminato nella sua vita privata, ma questo è l'onere della sua missione, fa parte della democrazia. Oggi bisogna ricalibrare l'immaginario del politico, ritornare a una figura che fa una vita dura e poco divertente. La politica come servizio al Paese e ai cittadini, non come privilegio. La politica è vivere nella difficoltà. Penso al rigore morale di Enrico Berlinguer, Giorgio Almirante e Giorgio La Pira, restano figure di servizio alle istituzioni, nonostante i loro ideali e la loro fede religiosa.
Sono cresciuto al fianco di uomini di destra che non avrebbero mai sopportato questo clima di intimidazione e crudeltà, così come ormai la divisione e la rivalità sono così diffuse che impediscono alla sinistra ogni forma di aggregazione vera. Ogni possibilità di parlare al cuore delle persone. Oggi invece chi racconta cose scomode, chi descrive la realtà infelice dell'Italia viene accusato dalle massime autorità politiche di gettare discredito sul Paese agli occhi del mondo... Raccontare la realtà non significa infangare il proprio Paese: significa amarlo, significa credere nella libertà. Raccontare è l'unico dannato modo per iniziare a cambiare le cose". Published by arrangement with Roberto Santachiara Literary Agency

(14 ottobre 2009)

Carlucci: vortice di accuse


fonte: Libero news
Carlucci: vortice di accuse


Notizia del 20 ottobre 2009 - 16:00

La portaborse in nero che le ha fatto causa? "Una ladra" sostiene l'onorevole. Che ci ha contattati per dire la sua. Salvo poi sbattere giù la cornetta appena le si fa qualche domanda

di Giorgia Camandona
La Carlucci si è arrabbiata. Perché tutti i giornali, compreso il nostro, hanno dato la notizia della sentenza di primo grado pronunciata a suo sfavore e che riguardava la posizione, in nero, di una sua ex portaborse. Per qualche motivo, forse perché ci eravamo già sentite in passato, l'onorevole ha scelto proprio la nostra testata per chiarire per la prima volta, pubblicamente, la sua posizione. Poi però si è infervorata e la telefonata si è conclusa bruscamente. Di spunti di riflessione, però, questa intervista ne offre parecchi. Dalla libertà di dare certe notizie quando queste riguardano i politici, alla libertà di un giornalista a cui non si dovrebbe dire cosa deve scrivere e cosa no. Ma ognuno poi dovrebbe trarre le proprie conclusioni in autonomia, quindi ecco i fatti.
Voleva chiarire la questione della sentenza della sua portaborse…
Sì, ma molto brevemente perché ci sono in corso due giudizi.
Due?
Sì, il mio ricorso contro la sentenza di primo grado, che quindi non è definitiva. Tant'è vero che io non sono stata obbligata ad alcun risarcimento. E il rinvio a giudizio di Celestina Soranna per furto. Nei miei confronti.
Nei suoi confronti?
Certo.
Cioè lei, onorevole Carlucci, ha denunciato Celestina Soranna per furto?
Sì, io l'ho denunciata per furto. E siccome la Procura della Repubblica non è che ti rinvia a giudizio se non ci sono le prove…
Questa denuncia risale a prima della sentenza?
Contestualmente. È una cosa contestuale, capisci? Per questo non dovevate pubblicare quella sentenza perché non è definitiva e comunque non si può dire più di questo sulle due vicende. C'è il mio ricorso e c'è il suo rinvio a giudizio per furto.
Ma furto di cosa?
Non posso dire niente perché la questione è ancora aperta. Non voglio interferire in nessun modo. Non voglio che i giudici siano influenzati né in un senso né nell'altro. Voi avete sbagliato a pubblicare la sentenza.
L’abbiamo pubblicata noi, il Corriere della Sera e tutti i giornali del Paese
Non dovevate dare la notizia, non doveva darla lei. Non è definitiva quella sentenza.
Delle sentenze, anche se di primo grado, si può dare notizia. C’è ancora questa libertà
Dovevate specificare meglio che non eravamo al terzo grado di giudizio ma solo al primo.
Mi pareva chiarito.
Dico semplicemente che dissento dal fatto che in questo Paese si possa dare notizia di atti che sono attualmente parte di un fascicolo che deve ancora essere esaminato dai giudici di appello. Questo non va bene.
Ma guardi, anche quando la Franzoni è stata condannata in primo grado tutti i giornali hanno dato notizia della sentenza. Perché a lei, onorevole Carlucci, si dovrebbe riservare un trattamento diverso? Se poi uno vuole fare ricorso, come sta facendo lei, è libero di farlo
E allora perché non hai scritto che la mia portaborse è stata rinviata a giudizio per furto?
Perché la notizia mi giunge nuova, onorevole
E sai perché? Perché chi fa gli articoli li fa sempre a senso unico in questo Paese. Se tu non ti limiti a sputtanare una delle due parti in causa e basta, vedi bene che ci sono delle sfumature.
Siamo qui a parlarne infatti
Tu non credi che se la Procura della Repubblica di Roma l'ha rinviata a giudizio per furto, cambia l'ottica di tutta la questione? Non aggiungo altro.
Quello che non mi è chiaro è la tempistica. Dopo la sentenza a suo sfavore lei ha denunciato la sua portaborse per furto? O prima della sentenza?
No, non te la dico la tempistica. I dati sono questi: io ho fatto ricorso, lei è stata rinviata a giudizio. Non entro nei particolari. Entrambe le situazioni sono al vaglio dei giudici. La signora Celestina Soranna è stata denunciata per furto ai miei danni. Questo è quello che devi scrivere. Non bisogna dire niente altro.
Per uscire da questa questione, nella nostra ultima chiacchierata telefonica eravamo rimasti d'accordo che lei ci avrebbe inviato la sua busta paga, che però non è mai arrivata
Non sono cose che ti interessano, né a te né a nessuno dei tuoi lettori.
Sa perché glielo chiedo, perché è stata lei a proporci di visionare insieme la sua busta paga, per capire quali erano le spese che deve sostenere un onorevole
Comincia a chiedere a tutto l'universo mondo cosa guadagnano. A chi guadagna più di me e lavora meno di me.
Sì ma ce lo ha proposto lei di inviarci per trasparenza i suoi dati
Io sono la prima per attività in Parlamento e in Puglia, e sono i dati che lo confermano. Ho due segreterie, una in Puglia e una a Roma, quindi fai un po' i conti tu di quanto possono costare.
E infatti eravamo rimaste proprio a questo discorso
Non mi interessa questo discorso!
Ma era proprio lei ad averlo tirato fuori per spiegarci le sue spese
Clic…
A questo punto l'onorevole ha interrotto la comunicazione buttando giù bruscamente la cornetta. E successivamente non ha più risposto al telefono. I nostri riferimenti li ha, quando vorrà risentirci

lunedì 5 ottobre 2009

Anna Giordano: La Procura di Messina ha archiviato due delle quattro denunce su lottizzazioni pericolose



Anna Giordano del WWF: “La Procura di Messina ha archiviato due delle quattro denunce su lottizzazioni pericolose e possibili disastri idrogeologici nel territorio messinese che abbiamo presentato nell'ultimo anno. Adesso aprono un'inchiesta...”

Incredibile la dichiarazione della rappresentate messinese dell’associazione ambientalista
“Se la stessa pioggia fosse caduta in altre zone di Messina – dice la Giordano - ci sarebbero stati molti più morti e non è detto che questo non succeda in futuro. Stanno costruendo una discarica a villaggio Pace sopra una fiumara. Un altro lotto di 500 ville stava per essere approvato nel territorio di Faro superiore, dove non lo permettono nè le condizioni urbanistiche nè quelle idrogeologiche. Questo è solo uno dei 13 piani particolareggiati che il Comune ha intenzione di mettere in pratica.


E’ stata istituita una commissione di valutazione d'incidenza che si occupa dei singoli progetti. E' necessaria una programmazione. È possibile che una singola casa o un palazzo abbiano un impatto devastante, ma una serie di costruzioni ha tutt' altro effetto sul territorio. La Procura di Messina ha archiviato due delle quattro denunce su lottizzazioni pericolose e possibili disastri idrogeologici nel territorio messinese che abbiamo presentato nell'ultimo anno. Adesso aprono un'inchiesta...”.



Per l'associazione che continuamente denuncia l’aggressione del cemento sulla natura è necessaria “una flessibilità del territorio che non può più essere assediato da costruzioni e cementificazioni”.

Ed è questo il succo del comunicato stampa diffuso dall’Associazione nazionale che, esprimendo cordoglio per le vittime e solidarietà per i parenti, ci prega di pubblicare quanto segue:



“L'amministrazione comunale fermi finalmente la variante del Prg e prenda atto che il territorio non può continuare ad essere massacrato, la Procura della Repubblica istituisca un pool tecnico in grado di verificare immediatamente la questione urbanistica, sismica ed erosiva costiera, tutte le forze dell'ordine, dopo l'emergenza, si attivino con determinazione per fermare tutti gli atti illeciti che quotidianamente vengono perpetrati sul territorio, sia nelle fiumare che a ridosso di esse, sulle fragili colline del comune."



Queste le richieste del WWF a seguito dei drammatici eventi in corso a Messina. Al Comune sono state decine le richieste di sospensione della variante al Prg inviate dal WWF Sicilia, la prima il 6 marzo 2006, l'ultima lo scorso aprile, a cui si aggiungono 5 denunce, numerose diffide, dossier e segnalazioni alle forze dell'ordine, alla Regione e al Ministero dell'Ambiente.



"C'e' da chiedersi se i soldi immobilizzati per l'inutile e dannoso Ponte sullo Stretto possano essere meglio impiegati per risanare il territorio e ricostruirne la naturalità - sottolinea Gaetano Benedetto, co-Direttore Generale WWF Italia - piogge torrenziali se cadono su un territorio sano, provocano sì danni, ma non ingenti, e tanto meno vittime innocenti. Per anni, dal quel tragico 28 settembre 1998 - quando l'alluvione colpì la zona nord della città con quattro vittime - Messina invece si è affidata alla fortuna e alla speranza che non accadesse di nuovo il peggio, senza mai, a nessun livello amministrativo, decidere di rivedere la pianificazione urbanistica alla luce dell'aggravamento della fragilita' del territorio.

Ora è stata colpita durissimamente la zona sud di Messina, già provata negli anni precedenti: torrenti stretti nella morsa di muri e case, montagne rese fragili da incendi e inevitabili frane che trovano come ostacolo verso il basso, case su case. Ma ancora sono previste nuove lottizzazioni, piani quadro, particolareggiati, centri benessere, nuove strade, nuovi centri commerciali, coperture di fiumare."

Pino D'Angelo

mercoledì 16 settembre 2009

Anno zero ritorna - L'appello di Santoro



L'appello di Santoro che incita tutti gli internauti a diffonderlo:


Cari amici, sono Michele Santoro e ho bisogno del vostro aiuto. Mancano pochi giorni alla partenza e la televisione continua a non informare il pubblico sulla data d'inizio di Annozero. Perciò vi chiedo di inviare a tutti i vostri amici e contatti su Internet gli spot che abbiamo preparato a questo scopo e che non vengono trasmessi.

venerdì 28 agosto 2009

Berlusconi, l'uomo che il mondo ci invidia

fonte: Beppegrillo.it
Accappatoio Selvaggio ha chiesto un risarcimento per un milione di euro al Gruppo L'Espresso per dieci domande pubblicate su Repubblica.
Il più grave tra i quesiti è stato: "Alla luce di quanto è emerso in questi due mesi, quali sono, signor presidente, le sue condizioni di salute?".
Non si fanno questo tipo di domande a un vecchio signore di SETTANTAQUATTROANNI con la testa incatramata, problemi di cuore, operazioni alle spalle, che non scopa se non ha il piacere della conquista.
Non si fanno queste domande.
Non bisogna neppure pensarle. Berlusconi è il premier di una grande potenza,
un politico di levatura mondiale, un soggetto da candidare al premio Nobel per la Pace,
un marito fedele, un padre affettuoso, un implacabile persecutore della mafia,
una persona incorrotta e incorruttibile, uno che sa vestirsi e parlare in pubblico,
un tipo sincero fino all'autolesionismo, un nonno di altri tempi,
uno che sceglie i suoi amici in base alla loro onestà e rettitudine,
un amante della libera informazione ed estimatore di Biagi e Montanelli,
un signore che odia i compromessi, che mantiene sempre la parola data, che si è fatto da solo grazie ai consigli di suo padre e al suo impegno incrollabile,
che non ha mai evaso le tasse, che ha costruito un impero economico, che non si è mai drogato, che ha vinto tutto con il Milan,
un perseguitato dalla magistratura che vuole però mantenere indipendente contro i suoi stessi interessi, uno statista con il senso dello Stato,
un politico che nessuno, proprio nessuno, può ricattare, un sincero democratico antifascista, un credente, un cattolico di spiritualità profonda,
un uomo che risponde a tutte le domande se sono poste con garbo, senza malizia e non sono tendenziose, già anticipatrici di un giudizio negativo che lui non si merita,
un presidente operaio, costruttore, comunicatore, banchiere, elettricista, idraulico,
un alfiere dell'ottimismo a ragion veduta, una persona perbene che odia la corruzione e gioca sempre pulito, un galantuomo di cui ci si può fidare,
un vecchio signore a cui affidare con tranquillità le proprie figlie, un italiano lucido, di una coerenza impressionante, un campione che ci invidia tutto il mondo e, per questo, per pura malignità, l'informazione internazionale gli dedica articoli innominabili pieni di risposte e senza domande,
un caro amico di statisti democratici come Gheddafi e Putin, un compagnone di Obama del quale condivide gli obiettivi,
un vecchio che sfida il tempo e sembra sempre più giovane di un paio di mesi, uno che sa fare il nodo della cravatta a pallini meglio del compianto conte Nuvoletti, un personaggio sempre allegro, ottimista, vitale che racconta barzellette,
un simpatico, un bell'uomo, alto il giusto, con un sorriso largo che infonde speranza, un amico fidato che si preoccupa anche del tuo loculo per starti vicino nell'eternità, un cantante da crociera e da villa Certosa, un sincero ammiratore dei talenti femminili, un unicum che un fato benigno ha donato all'Italia, un nuclearista sicuro.
E adesso, querelatemi!

giovedì 27 agosto 2009

L'assalto finale al fortino di RaiTre

fonte: Repubblica

di CURZIO MALTESE

GLI attuali direttori di Tg3 e RaiTre, Antonio Di Bella e Paolo Ruffini, sono ritenuti da tutti ottimi professionisti, fra i migliori della Rai. Hanno ottenuto del resto, sia in qualità che in quantità d'ascolti, molti eccellenti risultati. Tranne l'unico che conti nell'Italia di oggi: piacere a Berlusconi. Per questo il sultano ha dato ai vertici di viale Mazzini l'ordine di farli fuori, trovando una scusa. Compito non facile, perché di ragioni davvero non ce ne sono. Ma quando non esistono spiegazioni logiche, di solito basta inventarsi un complotto e un colpevole. I vertici Rai, che invece non brillano né per doti professionali né per fantasia, hanno infine convenuto d'indicare all'opinione pubblica il colpevole più banale: la sinistra. È ormai come dire che l'assassino è il maggiordomo, ma funziona sempre. Sarebbe il Pd a volere il caos della terza rete per poter lottizzare dopo il congresso, secondo il volere del vincitore. L'ipotesi sembra troppo cretina perfino per gli elevati standard di autolesionismo del centrosinistra. Ma Antonio Di Pietro, per esempio, ci crede e dà una mano ad addossare alla sinistra la colpa dell'epurazione voluta da Berlusconi. Naturalmente ai tre candidati alla segreteria del Pd, Pierluigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino, basterebbero dieci minuti per smontare la vicenda. Il tempo di prendersi un caffè insieme e annunciare il via libera alle nomine di RaiTre. Ma evidentemente i tre non sono in grado di prendere insieme neppure un caffè, oppure non capiscono la portata della minaccia. Nel mirino di Berlusconi non ci sono tanto questa o quella poltrona Rai, le ha già quasi tutte. Se così fosse, non varrebbe neppure la pena di parlarne. Ma al premier interessa piuttosto eliminare un gruppo di programmi amati e, per lui, pericolosi. Si tratta anzitutto di "Che tempo che fa" di Fabio Fazio e di "Report" di Milena Gabanelli, fiori all'occhiello della rete, quindi dei salotti di Serena Dandini e di Daria Bignardi, "Parla con me" e "L'era glaciale".
Un bouquet di trasmissioni che ha molti meriti o demeriti, dipende dai punti di vista. Riescono a coniugare qualità e popolarità, danno un senso al concetto di servizio pubblico e tengono attaccato alla Rai un pezzo d'Italia moderna e intelligente, assai ambita dai pubblicitari, la quale altrimenti sarebbe già del tutto emigrata sul satellite. L'obiettivo del premier e padrone di Mediaset è di cancellarli. Stavolta con calma, senza editti, lavorando di cesello sul palinsesto e tagliando i fondi. Il direttore Ruffini, degno erede di Angelo Guglielmi, non accetterebbe mai di sottoscrivere una simile sterilizzazione della rete. Occorre dunque uno spaventapasseri di sinistra disposto alla bisogna, in cambio della poltrona. Se ne trovano a mazzi, basta fare un fischio e si forma la coda davanti a Palazzo Grazioli. I nuovi direttori di Tg3 e RaiTre faranno tanti complimenti a Fazio e Gabanelli, Littizzetto e Dandini, ma diranno che è venuto il tempo di cambiare, innovare. In peggio, aggiungiamo pure. Può stupire che Berlusconi, con tutto il potere di cui dispone, si concentri su questa battaglia. Ma il risultato alle elezioni europee di giugno l'ha ormai convinto che anche le riserve indiane debbano essere bonificate e gli ultimi professionisti della comunicazione vadano sostituiti con burattini pubblicitari manovrati da Palazzo Chigi. Il piano d'assalto all'ultima roccaforte indipendente dall'egemonia berlusconiana è astuto e probabilmente andrà in porto. A meno che Franceschini, Bersani e Marino non trovino quei dieci minuti per disinnescarlo. Ma sono troppo impegnati a discutere sulla forma del partito e il suo radicamento nel territorio. L'ipotesi che l'attuale RaiTre sia ormai il principale radicamento nel territorio della cultura progressista in Italia sopraggiungerà soltanto fra qualche anno, come si dice in questi casi: a babbo morto. (27 agosto 2009)

La Rai rifiuta il trailer di Videocracy "E' un film che critica il governo"

fonte: Repubblica

di MARIA PIA FUSCO

ROMA - Nelle televisioni italiane è vietato parlare di tv, vietato dire che c'è una connessione tra il capo del governo e quello che si vede sul piccolo schermo. La Rai ha rifiutato il trailer di Videocracy il film di Erik Gandini che ricostruisce i trent'anni di crescita dei canali Mediaset e del nostro sistema televisivo. "Come sempre abbiamo mandato i trailer all'AnicaAgis che gestisce gli spazi che la Rai dedica alla promozione del cinema. La risposta è stata che la Rai non avrebbe mai trasmesso i nostri spot perché secondo loro, parrà surreale, si tratta di un messaggio politico, non di un film", dice Domenico Procacci della Fandango che distribuisce il film. Netto rifiuto anche da parte di Mediaset, in questo caso con una comunicazione verbale da Publitalia. "Ci hanno detto che secondo loro film e trailer sono un attacco al sistema tv commerciale, quindi non ritenevano opportuno mandarlo in onda proprio sulle reti Mediaset". A lasciare perplessi i distributori di Fandango e il regista sono infatti proprio le motivazioni della Rai. Con una lettera in stile legal-burocratese, la tv di Stato spiega che, anche se non siamo in periodo di campagna elettorale, il pluralismo alla Rai è sacro e se nello spot di un film si ravvisa un critica ad una parte politica ci vuole un immediato contraddittorio e dunque deve essere seguito dal messaggio di un film di segno opposto. "Una delle motivazioni che mi ha colpito di più è quella in cui si dice che lo spot veicola un "inequivocabile messaggio politico di critica al governo" perché proietta alcune scritte con i dati che riguardano il paese alternate ad immagini di Berlusconi", prosegue Procacci "ma quei dati sono statistiche ufficiali, che sò "l'Italia è al 67mo posto nelle pari opportunità"".
A preoccupare la Rai sembra essere questo dato mostrato nel film: "L'80% degli italiani utilizza la tv come principale fonte di informazione". Dice la lettera di censura dello spot: "Attraverso il collegamento tra la titolarità del capo del governo rispetto alla principale società radiotelevisiva privata", non solo viene riproposta la questione del conflitto di interessi, ma, guarda caso, si potrebbe pensare che "attraverso la tv il governo potrebbe orientare subliminalmente le convinzioni dei cittadini influenzandole a proprio favore ed assicurandosene il consenso". "Mi pare chiaro che in Rai Videocracy è visto come un attacco a Berlusconi. In realtà è il racconto di come il nostro paese sia cambiato in questi ultimi trent'anni e del ruolo delle tv commerciali nel cambiamento. Quello che Nanni Moretti definisce "la creazione di un sistema di disvalori"". Le riprese del film, se pure Villa Certosa si vede, è stato completato prima dei casi "Noemi o D'Addario" e non c'è un collegamento con l'attualità. Ma per assurdo, sottolinea Procacci, il collegamento lo trova la Rai. Nella lettera di rifiuto si scrive che dato il proprietario delle reti e alcuni dei programmi "caratterizzati da immagini di donne prive di abiti e dal contenuto latamente voyeuristico delle medesime si determina un inequivocabile richiamo alle problematiche attualmente all'ordine del giorno riguardo alle attitudini morali dello stesso e al suo rapporto con il sesso femminile formulando illazioni sul fatto che tali caratteristiche personali sarebbero emerse già in passato nel corso dell'attività di imprenditore televisivo". "Siamo in uno di quei casi in cui si è più realisti del re - dice Procacci - Ci sono stati film assai più duri nei confronti di Berlusconi come "Viva Zapatero" o a "Il caimano", che però hanno avuto i loro spot sulle reti Rai. E il governo era dello stesso segno di oggi. Penso che se questo film è ritenuto così esplosivo vuol dire che davvero l'Italia è cambiata". (27 agosto 2009)

mercoledì 5 agosto 2009

Il partito del Sud? Botteghino per la mafia

Il dibattito sulla nascita del partito del Sud giunge nei giorni in cui Luigi De Magistris diventa presidente della Commissione controllo Bilancio dell’Unione europea. Raffaele Lombardo, governatore della Sicilia nonché leader dell’Mpa ideatore e ideologo di questo partito, parla di "impegni disattesi" da parte del governo. Tradotto: soldi per il ponte sullo Stretto, soldi per la Salerno-Reggio Calabria, soldi per le aree sottoutilizzate (Fas) l’equivalente di 2 miliardi di euro deliberati dalla Conferenza delle Regioni e province autonome mai giunti al Cipe: per l’85% al Sud e appena il 15% al Nord. Il partito del Sud serve anche per rinnovare la richiesta di vantaggi fiscali per i lavoratori del settore turistico (Daniele Martinelli).
Peccato che la Sicilia, dopo 60 anni di finanziamenti e di miliardi che non si contano più, brulica di rifiuti ammassati in migliaia di strade. Molti treni sono laidi e devastati, le linee ferroviarie sono pericolose, malandate e senza manutenzione, le strade sono disseminate di buche, i cartelli stradali non esistono, le stazioni sono sguarnite, mancano gli orari alle fermate dell’autobus, gli ospedali sono di sabbia, i pronto soccorso vanno a rilento, la sicurezza è una chimera, regnano i cani randagi assieme ad arrendevolezza e omertà. Salvo rari casi di meridionali incazzati in una regione che, oltre il record di deputati e di personale assunto nel carrozzone pubblico serbatoio di voti, sarebbe il giardino d’Italia se solo la sua classe dirigente avesse impiegato con onestà un solo spicchio di fondi, che invece sono stati regalati alla malavita mafiosa collusa con la politica.Intanto il corruttore che vive alla giornata, attanagliato dalle sue paturnie personali nell’intento di non far sapere e di dimenticare, annuncia una sorta di nuova Cassa del Mezzogiorno, per la quale dice di stanziare 18 miliardi entro il 2013. Ma i soldi non ci sono perché sono finiti. Il Cipe entro l’imminente autunno sarà a secco. Il Pdl chioccia dell’assistenzialismo siciliano non potrà garantire provvidenze a tempo indeterminato. Il rubinetto si chiude e il partito del Sud è un’inutile travestimento del Pdl che mira ad alimentare false speranze.Ma, come scrivevo all’inizio, il partito del Sud nasce proprio nei giorni in cui Luigi De Magistris diventa presidente della Commissione controllo Bilancio della Ue. Politici e mafiosi col vizio di abbuffarsi di fondi pubblici da veicolare sui conti correnti dello Ior mettono le mani avanti. Si appellano al governo del corruttore per “prevenire” eventuali ammanchi derivanti dai controlli europei.I ribelli siciliani, che col patto mafioso stretto assieme a Forza Italia tengono il partito azienda più votato dell’isola, intravedono nel corruttore un perfido nanetto potentissimo e avaro. Senza soldi da ingurgitare a sbafo, il centro destra siciliano si spacca in una rivolta che pare non placarsi. Per poter mantenere il potere, e i voti, bisogna garantire la politica dei 40 assunti per ogni sottopasso cittadino come accade in almeno 4 zone di Palermo.Le barzellette di Renato Schifani, che fino al 2006 prometteva futuro trionfale e di benessere in Sicilia, puntualmente disattese, hanno acceso le ire di Raffaele Lombardo. Ma non quelle della Lega nord, passiva come una escort di basso bordo davanti ai 140 milioni di euro che il corruttore ha regalato al comune di Catania del suo medico Scapagnini, traghettato in parlamento dopo aver portato la città sul lastrico.Insomma, il partito del Sud è l’ennesima, vergognosa e laida tentazione di un meridionalismo tutto politico e rivendicativo che, assieme alla Lega di Borghezio, si mostra nel suo lato più volgare di evidente maceria di un’unità d’Italia mai compiuta, perennemente e profondamente divisa. E ormai in bancarotta.

martedì 14 luglio 2009

"No al bavaglio"

mercoledì 8 luglio 2009

Berlusconi “chiede al ministro -ex modella in topless- di sostituire la moglie al G8″

Berlusconi “chiede al ministro -ex modella in topless- di sostituire la moglie al G8″ Articolo di , pubblicato venerdì 3 luglio 2009 in Gran Bretagna. [Daily Mail]
Silvio Berlusconi pare abbia risolto il problema di non avere una First Lady al suo fianco al vertice dei G8 della prossima settimana, chiedendo l’intervento di un’ex modella, ora ministro. Silvio Berlusconi, che sta divorziando dalla moglie, avrebbe chiesto a Mara Carfagna, ex modella in topless diventata ministro, di accogliere le mogli dei grandi della terra al vertice che si terrà a L’Aquila. Sicuramente l’idea farà sorridere Joachim Sauer, marito del cancelliere tedesco Angela Merkel, l’unico uomo tra gli accompagnatori dei leader mondiali. Alcune fonti italiane affermano che Mara Carfagna, Ministro delle Pari opportunità, sarà affiancata dalla collega di Governo Maria Stella Gelmini, Ministro dell’Istruzione. L’idea sarebbe dello stesso Berlusconi, ex cantante sulle navi da crociera, che ha anche deciso di spostare il vertice a L’Aquila dopo che la città è stata colpita da un terremoto ad aprile. Negli ultimi mesi il premier 72enne è stato travolto da una serie di sordidi scandali tanto da spingere Veronica Lario, 52 anni, a chiedere il divorzio a maggio. La Lario ha dichiarato di averne abbastanza di un marito “che frequenta minorenni”, dopo che è stata resa nota la partecipazione di Berlusconi al 18° compleanno di Noemi Letizia, una modella, a cui avrebbe anche regalato una collana in oro e diamanti da 6.000 euro. Nelle ultime settimane Berlusconi è stato al centro di uno scandalo a sfondo sessuale dopo le dichiarazioni di una escort, Patrizia D’Addario, che afferma di essere stata pagata per passare la notte a Palazzo Grazioli, residenza romana del premier. Da allora è emerso che regolarmente venivano organizzati dei festini a Palazzo Grazioli e Villa Certosa, residenza sarda del Presidente, e le ragazze erano pagate per parteciparvi. Berlusconi, magnate dei media e milionario, è legato a Mara Carfagna anche per un’altra storia di due anni fa, prima che la donna diventasse ministro. Durante una cena di gala per la TV il premier affermò che “se non fosse stato sposato, l’avrebbe sposata subito”. Come conseguenza, la moglie, furiosa, pretese – e ottenne – scuse pubbliche da parte del marito dopo aver scritto una lettera pubblicata su un quotidiano italiano nella quale si lamentava del suo comportamento. Lo scorso anno un’altra polemica ha coinvolto Berlusconi e la Carfagna quando una comica affermò pubblicamente che la Carfagna avrebbe praticato sesso orale al Presidente. È successo dopo le voci diffuse da alcuni quotidiani italiani sul coinvolgimento di Berlusconi e una donna ignota coinvolta nel tipo di pratica di cui non si era più scritto dai tempi di Bill Clinton e Monica Lewinsky. Durante una manifestazione anti-Berlusconi a Roma, la comica Sabina Guzzanti ha fatto il nome della Carfagna e quest’ultima replicò che l’avrebbe querelata definendo le dichiarazioni “volgari e offensive”. La Carfagna è il più giovane membro del Governo ed è entrata in politica nel 2006 dopo una carriera televisiva.Molti si sono stupiti di questa nomina, data l’inesperienza della donna che prima di entrare a far parte della squadra di governo avrebbe posato in topless e semi-nuda, una donna che comunque ha sempre sbandierato il suo attaccamento ai valori della famiglia insistendo che nessuno degli scatti era “erotico”. Oggi un portavoce del Ministro ha dichiarato: “Siamo al corrente delle voci, ma non c’è niente da dire al momento dato che l’ordine del giorno del G8 è ancora in fase di preparazione”. I leader mondiali si riuniranno nella cittadina italiana de l’Aquila mercoledì prossimo per discutere di economia, cambiamento climatico, sviluppo e sicurezza alimentare. Il Primo Ministro inglese Gordon Brown parteciperà insieme alla moglie Sarah che trascorrerà un giorno a Roma prima di raggiungere il marito a L’Aquila mercoledì sera per il resto del vertice. Saranno accolti, insieme agli altri leader, nella caserma delle fiamme gialle di Coppito, sede del vertice e potranno constatare con i propri occhi i danni provocati dal terremoto di aprile che ha ucciso 300 persone. La zona è ancora colpita da scosse di terremoto come quella di oggi molto forte di 4,1 gradi della scala Richter (quella di aprile è stata di 5,8). Malgrado le continue scosse di assestamento, Berlusconi ha tenuto a rassicurare le delegazioni dichiarando che il vertice è a prova di terremoto e un diplomatico britannico a Roma ha rivelato che tutti i delegati, tra cui Gordon Brown, hanno seguito esercitazioni ‘anti-terremoto’. La fonte ha dichiarato: “Per la sede e per le scosse di assestamento i 40 delegati britannici, tra cui il Primo Ministro, hanno ricevuto istruzioni su come comportarsi in caso di terremoto. “Si tratta di nozioni di base come mantenere la calma, rifugiarsi nel vano della porta, ma tenere la porta aperta in caso di oscillazioni dell’edificio.” Berlusconi ha deciso di spostare il vertice a l’Aquila per risollevare il morale della popolazione e ridare fiducia alla regione. Inoltre, quando le delegazioni lasceranno il sito, la gente senza casa potrà subentrare in attesa di entrare nelle nuove case.
Le "feste" di Berlusconi: programma satirico uruguayano
Le feste di Berlusconi programma satirico argentino
Le feste di Berlusconi: programma satirico spagnolo

domenica 5 luglio 2009

‘Una ronda per difenderci dalle ronde’

‘Una ronda per difenderci dalle ronde’
Prodotto da Malastrada Film-Documenti “U Stisso Sangu”(storie più a sud di Tunisi) è un documentario che ripercorre le tappe fondamentali affrontate dagli immigrati clandestini che arrivano dall’Africa: il viaggio, lo sbarco sulle coste siciliane, la prima accoglienza e la sfida dell’integrazione. Il documentario inizia a Portopalo di Capopassero, sulle cui coste approdano le carrette dei disperati, continua in un centro accoglienza di Caltanissetta e in una tendopoli a Cassibile, e si conclude a Modica durante la “Festa per l’Integrazione”. Ma come e perché è nato il progetto e quali sono state le difficoltà riscontrate per portarlo a termine? Ne abbiamo parlato con Francesco Di Martino e Sebastiano Adernò, rispettivamente regista e sceneggiatore del film. Francesco, com’è nata l’idea di realizzare un documentario sull’immigrazione?"Ho vissuto per circa tre anni a Pachino e in quelle occasioni mi capitava spesso di sentire i commenti xenofobi degli abitanti sugli immigrati. Così mi è venuta la curiosità di vedere cosa c’era dietro a questo mondo. Inizialmente volevo realizzare un reportage fotografico. Poi mi sono reso conto che ciò non sarebbe bastato per approfondire questa tematica. Allora insieme a Sebastiano abbiamo cominciato a documentarci sulla realtà dei migranti. Tutto è iniziato così". Quanto sono durate le riprese?"Le riprese sono partite a febbraio 2008 da Roma, con l’intervista a Fabrizio Gatti - che ha più volte affrontato il viaggio dei migranti per i suoi reportage su L’Espresso - e abbiamo terminato a novembre. Quasi un anno… Ci tenevamo a trattare quest’argomento con delicatezza e soprattutto realizzarlo nel migliore dei modi". Sebastiano, avete incontrato difficoltà?"La difficoltà primaria è stata quella di creare una rete di contatti: stranieri disposti a raccontare le proprie esperienze, persone che si occupano attivamente di loro. Poi ci siamo dovuti scontrare con la realtà locale. E abbiamo dovuto subire l’ostruzionismo da parte di alcuni membri delle forze dell’ordine. Ciononostante, siamo stati fortunati. Oggi infatti la situazione è peggiorata. Da quando l’interesse del governo per il pacchetto sicurezza è aumentato, è difficile documentare la vita degli irregolari. Secondo quanto ci è stato riferito da alcuni nostri amici, a Cassibile non è possibile più avvicinare neanche i migranti. Vige il silenzio". A proposito del ddl sulla sicurezza, cosa ne pensate?Sebastiano: "Pensiamo che non ci sia alcun ‘allarme sicurezza’. Ci è capitato di vedere i report dei reati commessi dagli extracomunitari di Cassibile, e abbiamo notato che non sono reati diversi da quelli che commettono gli italiani". Francesco: "E poi l’istituzione delle ronde, che ci dovrebbero difendere da loro, è la cosa senza dubbio più scandalosa. Abbiamo visto sui giornali anche foto della divisa della guardia nazionale italiana con loghi che fanno pensare a una storia che tutti conosciamo e che fortunatamente ci siamo buttati alle spalle. Dovremmo istituire noi un corpo speciale che ci difenda da queste persone!". Però sono molti gli italiani che, a torto o a ragione, temono gli extracomunitari…Sebastiano: "E’ colpa di una propaganda meschina e ingiusta che sfrutta la connaturata paura del diverso. Si creano falsi problemi per acquisire finti meriti. Dei problemi veri, invece, non si occupa nessuno. Forse perché non si è capaci di farlo…". Oggi un documentario sulla realtà dei migranti, e domani?"Intanto seguiremo la diffusione del documentario. Ci saranno due tour, uno siciliano e l’altro nazionale. E poi continueremo sicuramente ad occuparci di loro. Non solo per motivi professionali".

Heal the world Salva il mondo di Michael Jackson

Heal the world

Salva il mondo

di Michael Jackson

C'è un posto nel tuo cuore
e so che è l'amore
e questo posto potrebbe essere
molto più luminoso di domani
e se tu davvero ci provi, tu vedrai
che non c'è alcun motivo per piangere
in questo posto tu sentirai che
non c'è dolore o dispiacere
Ci sono vari modi per arrivare lì
se tu ci tieni abbastanza a vivere
crea un piccolo spazio,
costruisci un posto migliore
Salva il mondo, rendilo un posto migliore
per te e per me e per l'intera razza umana
Ci sono persone che muoiono
se ti ci tieni abbastanza a vivere
crea un posto migliore per te e per me
Se vuoi sapere perchè,
c'è un amore che non può mentire
l'amore è forte, gli interessa solo la gioia
che dà se noi almeno proviamo ad averla
noi dovremmo vedere in questa beatitudine
noi non possiamo avere paura o timore
Finiamo di esistere e
iniziamo finalmente a vivere!
Allora sembrerà che l'amore
cresce sempre abbastanza per noi
quindi crea un mondo migliore,
rendi migliore il mondo.
E il sogno in cui stavamo credendo
rivelerà un volto migliore
e il mondo in cui una volta credevamo
splenderà ancora nella grazia
allora perchè continuiamo ad idealizzare
le sofferenze di questa vita
in questa terra tormentata?
la sua anima, sebbene questo è il suo piano
di vedere questo mondo, è divina
per lo splendore di Dio
Noi potremmo volare così in alto
facendo in modo che i nostri spiriti
non muoiano mai nel mio cuore
io sento che voi siete tutti miei fratelli
create un mondo senza pericoli
insieme noi piangeremo lacrime di felicità
guardando il cambiamento dei popoli
Le loro armi nei vomeri.
noi potremmo davvero arrivare
fino a questo se voi credete abbastanza nell'importanza della vita
crea un piccolo spazio,
costruisci un posto migliore
Per te e per me.

lunedì 15 giugno 2009

La privacy di un capo di governo.Pubblicato da El Pais

fonte: http://sinistraliberale.blogspot.com/ venerdì 12 giugno 2009 Spagna. 'El Pais' risponde a Silvio Berlusconi e Nicolò Ghedini: "La privacy & il Premier"CondividiOggi alle 16.48Articolo originale di Marc Carrillo (docente di Diritto Costituzionale all’Università Pompeu Fabrade) su 'El Pais' - (1)13 Giugno 2009 --
Berlusconi può nascondersi dietro la tutela della privacy dopo la pubblicazione delle foto in Sardegna? No. Le immagini sono rilevanti: è un personaggio pubblico la cui vita privata contraddice il suo discorso politicoLa privacy è quell’ambito della vita privata di una persona che risulta inaccessibile agli altri, salvo che il proprio consenso non lo permetta. Ciò nonostante, è un diritto sottoposto a dei limiti. Infatti può essere sacrificato in favore del diritto di comunicare e di ricevere informazioni se queste sono di pubblico interesse. Le recenti informazioni che denunciano presunti casi di abuso di potere commessi dal primo ministro italiano, Silvio Berlusconi, riportano in primo piano il dibattito sul grado di protezione della privacy che una società democratica deve garantire a coloro che , per via della carica rappresentativa o della professione esercitata, occupano una posizione di rilievo nella vita pubblica e, pertanto, sono sottoposti al giudizio sociale.Soprattutto se si tratta di rappresentanti con responsabilità nell’ambito delle istituzioni democratiche.
Detto questo, non devono esserci dubbi sul fatto che le persone celebri, oggetto di pubblica notorietà, non cessano pertanto di essere titolari del diritto alla privacy. Ma è anche vero che i limiti all’informazione (comunicare fatti che li riguardano) o alla libera espressione (esprimere opinioni sulla loro condotta) devono essere molto più flessibili nel caso in cui intervengano ragioni di pubblico interesse, sia per quanto riguarda il loro comportamento pubblico, sia per quanto riguarda azioni private che possano avere una rilevanza pubblica.Questa è una condizione sine qua non della società aperta, che la giurisprudenza del Tribunale Europeo dei Diritti Umani ha ribadito, affermando che il diritto a comunicare informazioni su fatti di pubblico interesse occupa una posizione singolare nel sistema costituzionale dei diritti fondamentali, giacché una lesione o una restrizione ingiustificata di tale diritto non solo implica la limitazione del diritto fondamentale dei cittadini a ricevere informazioni, ma influisce anche negativamente sulla creazione e sul mantenimento di un’opinione pubblica libera, in quanto istituzione essenziale del sistema democratico (Sentenze Handyside c. Gran Bretagna del 7/XII/1976 e Lingens c. Austria, del 6/VII/1986). E questo vale anche per l’Italia.Recentemente, la stampa italiana – nonostante gli impedimenti del Ministero di Giustizia – e quella internazionale, specialmente EL PAIS, hanno dato un’eco grafica ai sospetti di abuso di potere riguardanti il primo ministro Berlusconi.
Questi abusi comprendono l’avere incoraggiato l’approvazione di leggi ad hoc affinché su dei voli ufficiali e, pertanto, con mezzi pubblici, possano viaggiare ospiti privati per attività ludiche, o l’aver promosso a incarichi di responsabilità, nelle liste elettorali del suo partito al Parlamento Europeo o nello stesso Consiglio dei Ministri, persone il cui unico merito politico è stata la bellezza, secondo quanto dichiarato orgogliosamente dallo stesso premier.
Berlusconi, tuttavia, ha considerato che la pubblicazione delle foto scattate nella sua tenuta in Sardegna, pur rendendo irriconoscibili le immagini dei protagonisti, attenta alla privacy dei suoi invitati ed ha annunciato azioni legali nei confronti di questo giornale.
Tuttavia ci sono forti ragioni di ordine giuridico, basate sul pubblico interesse delle informazioni diffuse, che permettono di sostenere che il diritto di informare su questi fatti non può essere limitato. Vediamole.La prima è che appare indubbiamente ragionevole la legittimità di cui dispongono i mezzi di comunicazione di informare sull’uso che il primo ministro fa di alcune singolari leggi, approvate con l’obiettivo di autorizzarlo a invitare i suoi amici a viaggiare su voli ufficiali.Soprattutto quando lo scopo è quello di partecipare, con mezzi finanziati dall’erario, ad attività ludiche di carattere privato. Che una legge permetta di portare a termine ciò che è obiettivamente un abuso di potere, tristemente avallato dal Parlamento, non può essere un ostacolo affinché la stampa possa informare al riguardo, anche con mezzi grafici e – questo sì – con lo scrupolo di non diffondere particolari irrilevanti, come l’identità dei partecipanti.
Che uno di essi si sia sentito chiamato in causa – l’ex premier ceco Topolanek – è solamente affar suo.
Ciò che realmente risulta importante è il fatto in sé dell’ostentazione che Berlusconi fa del lusso privato finanziato parzialmente con denaro pubblico, protetto dalla legge ad hoc. E pertanto quella stessa legge non può impedire che le persone vengano informate riguardo a tali attività, perché, se così fosse, sarebbe incostituzionale e sarebbe inoltre una conseguenza consustanziale derivata dall’articolo 21, comma 2 della Costituzione della Repubblica, che stabilisce che “la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censura”.
È ovvio che in Italia, e in qualsiasi paese democratico, garantire l’informazione su fatti di questa natura è una questione di ordine pubblico democratico. Senza che, di contro, si possa accettare l’evidente strumentalizzazione del diritto alla privacy dei suoi ospiti, come ha fatto il premier italiano.Il diritto alla privacy, come diritto a non essere infastidito, è protetto dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’uomo (art. 8). Ma quando ciò che si censura pubblicamente sono i comportamenti dei politici nella loro sfera pubblica – come il promuovere una legge che permette l’uso di fondi pubblici per scopi privati – il diritto di comunicare le informazioni (art. 10) non può essere interpretato – sostiene il Tribunale di Strasburgo – alla luce del diritto alla privacy. Con ciò si intende dire che i limiti della critica permessa sono più ampi in relazione a un politico, quando questi agisce come tale, come fa Berlusconi quando trae beneficio da una legge per favorire la sua cerchia di amicizie e mescola ingiustamente lo spazio pubblico con quello privato.
Naturalmente anche un politico gode del diritto alla privacy, anche quando agisce in ambito pubblico, ma in tal caso la protezione della sua intimità deve essere equilibrata con gli interessi della libera discussione delle questioni politiche (Sentenza, Caso Lingens, 1986). A tal proposito, il Tribunale di Strasburgo ha ricordato che, nel caso in cui un politico si trovi in una situazione in cui vengano occultati la sua attività politica e i suoi affari privati, può avere luogo una dibattito politico che scateni una dura critica, nell’ambito del diritto di comunicare le informazioni e della libertà di espressione (Sentenza, caso Dichand, del 26/02/2002).
E la pubblicazione delle foto scattate nella residenza privata del primo ministro è un modo legittimo di promuovere un dibattito pubblico sull’abuso di potere.Una seconda ragione concerne le esigenze di una società aperta: i rappresentanti devono rendere conto di comportamenti incoerenti ed ipocriti. Pertanto è necessario ottenere in modo diligente informazioni veraci e successivamente comunicarle alla società.
Nel caso Berlusconi, la confusione tra pubblico e privato palesata da questo rappresentante pubblico eletto democraticamente, fa sorgere pochi dubbi all’interno del dibattito politico riguardo all’abuso di potere e alla promozione del clientelismo che, sotto la sua ala protettrice, e grazie alle sua acquiescenza, si sta espandendo. Conoscere tali fatti in tutta la loro dimensione, per quanto possa risultare amaro, è oggettivamente un motivo di pubblico interesse.
La società italiana, e di riflesso quella europea nell’ambito dell’Unione, non può scrollare le spalle di fronte ai comportamenti di un politico che possiede un tale livello di responsabilità istituzionale sia nel proprio paese, sia in Europa.
E l’interesse cresce quando, accanto a questa esibizione di eccessi che rasenta l’oscenità istituzionale, il primo ministro, in un esercizio di evidente ipocrisia, si è reso protagonista, come nel caso Eluana Englaro, di un conflitto istituzionale con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il quale, con squisita prudenza, gli ha dovuto ricordare che non poteva ratificare un decreto legge palesemente incostituzionale mediante il quale Berlusconi, adottando posizioni proprie di un cattolicesimo ultramontano, pretendeva di impedire l’esecuzione di una sentenza della Corte di Cassazione, con lo scopo di prolungare la vita di una donna in stato vegetativo da più di quindici anni.
La società italiana deve avere l’opportunità di contrastare attraverso l’informazione queste miserie che la danneggiano.
La pubblicazione delle foto in Sardegna è, pertanto, di pubblico interesse, perché in questo modo si riesce a consolidare un’opinione pubblica libera.(1) -
Articolo originale: "La intimidad y el primer ministro"
http://www.elpais.com/articulo/opinion/intimidad/primer/ministro/elpepiopi/20090610elpepiopi_10/Tes/

Il bavaglio colpisce anche la rete

Considerazioni relative all’art. 18 relativa alla estensione a tutti i siti informatici delle procedure di rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti coinvolti. Non bastava il controllo assoluto dell’informazione radiotelevisiva ma era necessario colpire anche la rete. Le recenti elezioni hanno dimostrato come Internet sia oramai rimasto il solo strumento utile per accedere ad una libera informazione, priva di controllo o censura, anche sui temi della politica. Evidentemente il Governo ha ritenuto di dover intervenire per reprimere anche l’ultimo spazio di democrazia attraverso un provvedimento che, pur non riguardando affatto la Rete, imbriglia e censura la libertà di opinione e di accesso alle informazioni, tutelata dalla Costituzione. Altro che conflitto di interessi. Sotto il profilo giuridico, se ci riferiamo all’attività di informazione svolta dai mezzi di informazione tradizionali, la disciplina dell’accountability delle informazioni in vigore è già molto rigida ed ampiamente disciplinata poiché i giornalisti sono soggetti alla legge sull’ordinamento della professione di giornalista (legge n. 69/1963) e alla Carta dei doveri del giornalista e alla vigilanza da parte dell’Ordine. La tutela dell’informazione in ambito comunitario arriva al punto che la stessa Corte europea ha dato risalto all’interesse generale alla divulgazione dei documenti nonostante la loro provenienza illecita. Per quanto riguarda invece i siti di informazione “non tradizionali” costituiti perlopiù da semplici utenti (blogger amatoriali) va evidenziato che: 1. La norma proposta è in violazione di uno dei principi fondamentali espressi dalla nostra carta costituzionale (art. 21 Cost.) che autorizza la libera manifestazione di pensiero in tutte le sue forme salvo che non si tratti di attività contrarie al buon costume. 2. In caso di informazione veicolata attraverso siti informatici “non tradizionali”, la norma in vigore (art. 16, D.Lgs. 70/2003) dichiara che il prestatore del servizio (hoster) non è responsabile dei contenuti memorizzati salvo che non sia a conoscenza dell’illiceità dell’informazione. Con “informazione illecita” si intende una informazione contraria alla legge: le informazioni non veritiere o lesive della persona non sono sempre illecite. 3. L’articolo 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sancisce, infatti, che il diritto alla libertà di espressione, tra cui si menziona la libertà di ricevere informazioni (dalle fonti della notizia), è tutelato senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche. Ulteriore criticità è la concreta applicazione della norma proposta relativamente a: 1. La definizione e identificazione di siti di informazione, poiché la norma stessa risulterebbe di difficile applicazione nel caso di piattaforme che tipicamente ospitano contenuti realizzati da utenti terzi, perlopiù non identificabili direttamente ma tramite un indirizzo e-mail, come Youtube, Facebook, ecc. 2. La vigilanza per il rispetto del dettato normativo, soggetta ad eccessiva discrezionalità, o che rischierebbe di creare facili discriminazioni tra alcuni siti, probabilmente i più diffusi o gestiti da utenti “scomodi” rispetto all’intero universo dei blogger presenti in rete. Tra l’altro giova portare a conforto di tale considerazione, il dibattito in corso a livello internazionale: 1) negli Stati Uniti, l’accountability dell’informazione fornita da siti di informazione “non tradizionali” o non di stampo giornalistico viene demandata alla capacità di discernimento della stessa utenza, con il risultato di perdita di utenti/credibilità di fronte ad una costante veicolazione di informazioni ritenute non veritiere; 2) in Francia, la Corte Costituzionale ha censurato proprio ieri la discussa legge su Internet, ribadendo la validità dei diritti fondamentali della libertà di espressione e comunicazione (che può essere limitata solo dall’Autorità giudiziaria) e confermando – al contrario di quanto sostenuto dal Ministro della Cultura francese - che Internet è un diritto fondamentale. In queste ore tutti questi temi sono rimasti in ombra e le informazioni sostanziali non sono neppure arrivate ai diretti interessati. Le norme relative alla rete costituiscono un altro aspetto della aggressione in atto nei confronti del pluralismo editoriale già, profondamente sfigurato dai conflitti di interesse e dalle concentrazioni della proprietà e delle reti in pochissime mani. Per queste ragioni l’associazione Articolo21 ha deciso di costituire, insieme con Libera Informazione, un comitato composto da avvocati, da giuristi e da costituzionalisti con il compito non solo di disattivare le norme ma anche di creare le immediate condizioni affinchè la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia Europea possano esprimere l’inevitabile giudizio di bocciatura. Giuseppe Giulietti

venerdì 12 giugno 2009

Le verità che non avremmo saputo

Intercettazioni, ecco come la riforma toglie spazio ai pm e limita la stampaDa Lady Asl agli immobiliaristi: l'obbligo di indizi "evidenti" impedirebbe molti controlliTangenti, "furbetti" e Calciopoli.
ROMA - Gli orrori della clinica Santa Rita di Milano? Sarebbero rimasti ben segreti.
Le partite truccate di Calciopoli? Avrebbero continuato a essere giocate.
L'odioso stupro della Caffarella? Gli autori sarebbero ancora liberi.
Il sequestro dell'imam Abu Omar? I pm di Milano non l'avrebbero mai scoperto.
E gli agenti del Sismi che collaborarono con la Cia non avrebbero mai lasciata impressa sul nastro la fatidica frase "quell'operazione è stata illegale".
Lady Asl e la truffa della sanità nel Lazio? La cupola degli amministratori regionali avrebbe continuato ad operare indisturbata.
I furbetti del quartierino? Per le scalate Antonveneta e Bnl forse non ci sarebbero stati gli "evidenti indizi di colpevolezza" per mettere i telefoni sotto controllo.
A rischio le inchieste potentine di Henry John Woodcock, Vallettopoli, Savoiopoli, affaire Total, tangenti Inail, dove i nastri hanno continuato a girare per otto-nove mesi prima di produrre prove, e quelle calabresi (Poseidone, Toghe lucane, Why not) dell'ormai deputato europeo Luigi De Magistris.
Una moria impressionante, in cui cadono processi famosi e meno famosi, in cui le indagini sulla mafia sono messe a rischio perché non si potrà più mettere sotto controllo telefoni per truffa ed estorsione.
Si salva Parmalat dove, come assicurano i pm di Milano e di Parma, le intercettazioni non furono determinanti né per arrestare Calisto Tanzi in quel dicembre 2003, né per accertare ragioni e colpevoli del crack.
Ha detto e continua a dire l'Anm con una frase ad effetto, "è la morte della giustizia penale in Italia".
Nelle stesse ore in cui alla Camera, con il concorso dell'opposizione nonostante l'appello del giorno prima a Napolitano di Pd, Idv, Udc, si approva la legge sugli ascolti, nelle procure italiane, tra lo sconcerto e l'irritazione delle toghe, si fanno i conti delle intercettazioni che non si potranno più fare in futuro e di quelle che, in un passato recente, non sarebbero mai state possibili.
E, anche se fossero state fatte, non si sarebbero mai potute pubblicare, né nella versione integrale, né tantomeno per riassunto.Le indagini cadono su due punti chiave della legge: "evidenti indizi di colpevolezza" per ottenere un nastro, solo 60 giorni per registrare.
Così schiatta l'indagine sulla clinica Santa Rita che parte con una truffa ai danni dello Stato per via dei rimborsi gonfiati e finisce per rivelare che si operava anche quando non era necessario. Non solo sarebbero mancati gli "evidenti indizi" (se ci fossero stati i pm Pradella e Siciliano avrebbero proceduto con gli arresti), ma non si sarebbe andati avanti per undici mesi, dal 4 luglio 2007 al 24 giugno 2008. Giusto a metà, era settembre, ecco le prime allusioni a un reparto dove accadevano "fatti gravi". Niente ascolti, niente testi sui giornali, niente versione integrale letta al processo, niente clinica costretta a cambiare nome per la vergogna.
Cambia corso il caso Abu Omar, nato come un sequestro di persona semplice contro ignoti. Solo due mesi di tape. Ma la telefonata chiave, quando l'imam libero per una settimana racconta alla moglie la dinamica del sequestro, giunge solo allo scadere dei 12 mesi d'ascolto. In più la signora, in quanto vittima, non avrebbe mai dato l'ok a sentire il suo telefono, come stabilisce la nuova legge.
Per un traffico organizzato di rifiuti a Milano, dove arrivava abusivamente anche la monnezza della Campania, hanno fatto 1.500 intercettazioni per sei mesi. Solo dopo i primi due s'è scoperto cosa arrivava dal Sud. In futuro impossibile.
Come gli accertamenti che fanno scoprire i mafiosi. A Palermo hanno intercettato l'imprenditore Benedetto Valenza per quattro mesi: dalla truffa e dalla frode nelle pubbliche forniture sono arrivati a scoprire che riciclava i soldi del clan Vitale e forniva cemento depotenziato pure agli aeroporti di Birgi e Punta Raisi.
Idem per l'inchiesta contro gli amministratori di Canicattì e Comitini che inizia per abuso d'ufficio e corruzione e approda a un maxi processo contro le cosche di Agrigento. Telefoni sotto controllo per sei mesi, ormai niente da fare."La gente sarà meno sicura" dicono i magistrati.
E citano lo stupro della Caffarella d'inizio anno. Due arresti sbagliati (i rumeni Ractz e Loyos), il vanto di aver fatto tutto "senza intercettazioni", poi il ricorso all'ascolto sul telefono rubato alla vittima. Domani impossibile perché in un delitto contro ignoti si può intercettare solo il numero "nella disponibilità della persona offesa". Assurdo? Contraddittorio? Sì, ma ormai è legge.

giovedì 11 giugno 2009

Quello che sui giornali non leggerete più.

Le nuove regole sulle intercettazioni vanno incontro a una vera ossessione del Cavaliere.
Vietato trascrivere anche se un capo Rai chiede silenzio su dati elettorali non graditi al Capo. Quello che sui giornali non leggerete più.
di GIUSEPPE D'AVANZO da "Repubblica"
"Se escono fuori registrazioni lascio questo Paese". Lo disse Berlusconi l'anno scorso, ad Ancona, e così annunciò la sua offensiva contro le intercettazioni. Più che un'offensiva, la distruzione risolutiva di uno strumento d'indagine essenziale per la sicurezza del Paese e del cittadino. "Permetteremo le intercettazioni - disse nelle Marche quel giorno, era aprile - soltanto per reati di terrorismo e criminalità organizzata e ci saranno cinque anni di carcere per chi le ordina, per chi le fa, per chi le diffonde, oltre a multe salatissime per gli editori che le pubblicano".
Come d'abitudine, il Cavaliere la spara grossa, grossissima, consapevole che quel che ha in mente è un obiettivo più ridotto, ma tuttavia adeguato alla volontà di togliere dalla cassetta degli attrezzi della magistratura e delle polizie un arnese essenziale al lavoro. E, dagli strumenti dell'informazione, un utensile che, maneggiato con cura (e non sempre lo è stato), si è dimostrato molto efficace per raccontare le ombre del potere.
La possibilità di essere ascoltato nelle sue conversazioni - magari perché il suo interlocutore era sott'inchiesta, come gli è accaduto nei colloqui con Agostino Saccà o, in passato, con Marcello Dell'Utri - è per il Cavaliere un'ossessione, un'ansia, una fobia.
Ci è incappato più d'una volta.
Nel Capodanno 1987, alle ore 20,52 dalla villa di Arcore (Berlusconi festeggia con Fedele Confalonieri e Bettino Craxi).Berlusconi. Iniziamo male l'anno!Dell'Utri. Perché male?Berlusconi. Perché dovevano venire due [ragazze] di Drive In che ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori dalla grazia di Dio!Dell'Utri. Ah! Ma che te ne frega di Drive In?Berlusconi. Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia così l'anno, non si scopa più!Dell'Utri. Va bene, insomma, che vada a scopare in un altro posto!
La conversazione racconta la familiarità tra il tycoon e un presidente del consiglio allora in carica che gli confeziona, per i suoi network televisivi, un decreto legge su misura, poi bocciato dalla Corte Costituzionale.
Già l'anno prima, il giorno di Natale del 1986, il nome di Berlusconi era saltato fuori in un'intercettazione tra un mafioso, Gaetano Cinà, e il fratello di Marcello Dell'Utri, Alberto Cinà. Lo sai quanto pesava la cassata del Cavaliere?Dell'Utri. No, quanto pesava, quattro chili?Cinà. Sì, va be'! Undici chili e ottocento!Dell'Utri. Minchione! E che gli arrivò, un camion gli arrivò?Cinà. Certo, ho dovuto far fare una cassa dal falegname, altrimenti si rompeva!
Perché un mafioso di primo piano come Cinà si prendesse il disturbo di regalare un monumento di glassa al Cavaliere rimane ancora un enigma, ma documenta quanto meno il tentativo di Cosa Nostra di ingraziarselo.
Al contrario, è Berlusconi che sembra promettere un beneficio ad Agostino Saccà, direttore di RaiFiction quando, il 6 luglio 2007, gli dice: "Io sai che poi ti ricambierò dall'altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore, mi impegno a ... eh! A darti un grande sostegno". Che cosa chiedeva il premier? Il favore di un ingaggio per una soubrette utile a conquistare un senatore e mettere sotto il governo Prodi. O magari...Ancora uno stralcio:Saccà. Lei è l'unica persona che non mi ha mai chiesto niente, voglio dire...Berlusconi. Io qualche volta di donne... e ti chiedo... per sollevare il morale del Capo (ridendo).E in effetti, con molto tatto, Berlusconi chiede di sistemare o per lo meno di prendere in considerazione questa o quella attrice. Qualcuna "perché sta diventando pericolosa".
È l'ascolto di queste conversazioni, disvelatrici dei rapporti con una politica corrotta, con il servizio pubblico televisivo in teoria concorrente, addirittura con poteri criminali, che il premier vuole rendere da oggi irrealizzabile per la magistratura e vietato alla pubblicazione, anche la più rispettosa della privacy.
Per scardinare, nell'opinione pubblica, la convinzione che gli ascolti telefonici, ambientali, telematici servano e non siano soltanto una capricciosa bizzarria di toghe intriganti e sollazzo indecente per cronisti ficcanaso, Berlusconi ha costruito nel tempo una narrazione dove si sprecano numeri iperbolici ed elaborate leggende.
Dice: "Si parla di 350 mila intercettazioni, è un fatto allucinante, inaccettabile in una democrazia". Fa dire al suo ministro di Giustizia che gli italiani intercettati sono addirittura "30 milioni" mentre sono 125 mila le utenze sotto ascolto (le utenze telefoniche, non gli italiani intercettati).
Alla procura di Milano, per fare un esempio, su 200 mila fascicoli penali all'anno, le indagini con intercettazioni restano sotto il 3 per cento (6136).
Altra bubbola del ministro è che gli ascolti si "mangiano" il 33 per cento del bilancio della giustizia mentre invece sfiorano soltanto il 3 per cento di quel bilancio (per la precisione il 2,9 per cento, 225 milioni di costo contro i 7 miliardi e mezzo del bilancio annuale della giustizia).
Senza dire che, per inerzia del governo, lo Stato paga al gestore telefonico 26 euro per ogni tabulato, 1,6 euro al giorno per intercettare un telefono fisso, 2 euro al giorno per in cellulare e 12 per un satellitare e l'esecutivo non ha tentato nemmeno di ottenere dalle compagnie telefoniche un pagamento a forfait o tariffe agevolate in cambio della concessione pubblica (accade all'estero).
Nonostante questa inerzia, le intercettazioni si pagano da sole, anche con una sola indagine. Il caso di scuola è l'inchiesta Antonveneta. Costo dell'indagine, 8 milioni di euro. Denaro incassato dallo Stato con il patteggiamento dei 64 indagati, 340 milioni. Il costo di un anno di intercettazioni e avanza qualche decina di milioni da collocare a bilancio, come è avvenuto, per la costruzione di nuovi asili.
Comunque la si giri e la si volti, questa legge serve soltanto a contenere le angosce del premier e dei suoi amici, a proteggere le loro relazioni e i loro passi, a salvaguardare il malaffare dovunque sia diffuso e radicato.
Per il cittadino che chiede sicurezza e vuole essere informato di quel accade nel Paese è soltanto una sconfitta che lo rende più debole, più indifeso, più smarrito.
Se la legge dovesse essere confermata così com'è al Senato, i pubblici ministeri potranno chiedere di intercettare un indagato soltanto quando hanno già ottenuto quei "gravi indizi di colpevolezza" che giustificherebbero il suo arresto.
E allora che bisogno c'è delle intercettazioni? Forse è davvero la morte della giustizia penale, come scrive l'associazione magistrati. Certo, è l'eclissi di un segmento rilevante dell'informazione. Da oggi si potranno soltanto proporre dei "riassuntini" dell'inchiesta e delle prove raccolte. Non si potrà pubblicare più alcun documento, nessun testo di intercettazione.La cronaca, queste cronache del potere, però, non sono soltanto il racconto di imprese delittuose. Non deve esserci necessariamente un delitto, una responsabilità penale in questi affreschi. Spesso al contrario possono rendere manifesto e pubblico soltanto un disordine sociale, un dispositivo storto che merita di essere raccontato quanto e più di un delitto perché, più di un delitto, attossica l'ordinato vivere civile.Immaginate che ci sia un dirigente della Rai che, in una sera elettorale, chiama al telefono un famoso conduttore e gli chiede di lasciar perdere con gli exit poll che danno un risultato molesto per "il Capo".
Immaginate che il dirigente Rai per essere più convincente con il conduttore spiega che quello è "un ordine del Capo". Non c'è nulla di penale, è vero, ma davvero è inutile, irrilevante raccontare ai telespettatori che la scena somministrata loro, quella sera, era truccata?Bene, ammesso che questa sia stata una conversazione intercettata recentemente in un'inchiesta giudiziaria, non la leggerete più perché l'ossessione del premier, diventata oggi legge dello Stato, la vieta. Chi ci guadagna è soltanto chi ha il potere.
Chi deve giudicarlo non ne avrà più né gli strumenti né l'occasione.

domenica 24 maggio 2009

21 dicembre 2012: “la fine del mondo” o fine di un incubo?

(di Ennio La Malfa )
Non solo in internet abbondano presagi di sventura legati alla fatidica data del 2012, non solo trasmissioni televisive come Voyager ne fanno uno scoop, ora anche il grande cinema esce con un colossal dal titolo proprio 2012. In tutto questo parrebbe rivivere l’anno Domini 999 , in pieno Medioevo, quando santi, santoni e ciarlatani predicavano l’arrivo della fine del mondo terrorizzando la povera gente e un po’ meno i signori e i tiranni di allora. Oggi la gente non è ingenua e credulona come qualche secolo fa, tuttavia avverte un certo disagio in questa società e quasi un inquietudine per il futuro. Non stiamo all’isteria collettiva, ma in una fase di attesa inconscia per un evento negativo che non sappiamo ancora quale possa essere.
L’effetto serra, i cambiamenti climatici, la grande recessione economica, la bomba atomica iraniana e così via, sono elementi che danno forza a questa nostra paura interiore. E allora perché non credere alla predizione Maya che darebbe per chiusa la storia di questa umanità proprio nel 2012 ?
I Maya del resto hanno sempre previsto e mai sbagliato, se non di pochi minuti e secondi, i fenomeni delle eclissi solari e lunari.La grande eclisse solare del 1991 che interessò il Messico, la più lunga della storia, con quasi 7 minuti di oscuramento totale, era stata prevista molti secoli prima dagli astronomi maya con una imprecisione di appena 30 secondi. Allora perché avevano interrotto il loro calendario proprio al 21 dicembre 2012? Forse avevano visto giusto anche in questo caso?Ed è proprio la capacità dei Maya a calcolare e predire eclissi ed altri fenomeni cosmici con una certa precisione che preoccupa la gente.
Ma c’è chi dice che il 2012 non dovrà essere necessariamente un evento catastrofico, ma una crescita spirituale dell’umanità, un momento in cui la coscienza dell’uomo dovrebbe prevalere sull’istinto. Parole, supposizioni, speranze che qualcosa possa cambiare nella vita collettiva e in quella personale.Oggi più del passato queste sensazioni di insicurezza e di sfiducia nel futuro si avvertono, “del doman non c’è certezza” diceva spesso Lorenzo il Magnifico nel lontano 1470 ed oggi questo ritornello è tornato di moda.
Ma se guardiamo al passato più recente dovremmo chiederci se a noi italiani in pieno boom economico del 1960 con le aspettative della qualità della vita sempre crescenti, una storia del genere avrebbe fatto breccia. Forse si, ma in toni minori, allora si sperava di migliorare le proprie condizioni di vita in tempi brevi, il lavoro bene o male lo trovavano tutti, con un solo stipendio una famiglia viveva dignitosamente, non c’era la corsa al consumismo sfrenato, non c’erano criminali ad attentare alla nostra incolumità giornaliera, si viveva meglio di oggi. Tutto questo ora non c’è più, c’è la paura di uscire di notte, di non riuscire a pagare le rate del mutuo di casa, di non trovare lavoro o di perderlo e, infine, c’è la paura di entrare nella sempre crescente schiera dei poveri.Non si tratta della paura “del mille e non più mille”, questa volta si tratta di avvertire quasi l’esigenza di chiudere questa avventura terrestre troppo difficile e piena di delusioni e amarezze.
E allora il 2012 diventa quasi un’aspettativa di cambiamento, un’occasione a “voltar pagina”.L’umanità, nonostante le grandi imprese e i grandi messaggi di amore e di fraternità di molti Avatar apparsi nella storia dell’uomo, da Buddha a Cristo, fino a Padre Pio e a Sai Baba, ha sempre disatteso gli insegnamenti di questi illuminati, macchiandosi di crimini orrendi: dallo sterminio degli indios d’America a quello degli Ebrei, dai genocidi di Stalin a quelli di Pol Pot, dalla strage degli Armeni a quelli dei popoli del Darfur.Ha prevalso sempre il senso dell’egoismo esasperato, a volte mascherato da falso altruismo.
Si è cercato sempre di prevaricare il prossimo, alla faccia dei messaggi dei santi ed illuminati. Oggi poi il furbo riesce ad avere di più degli altri onesti, a fare carriera ad arrivare prima ovunque a danno della persona corretta, civile e modesta. In più la gente comune, timorosa ed umile, non impegnata in scalate politiche ed economiche rilevanti, si sente di contare poco o niente, di essere solo un numero, una persona sola con le proprie illusioni e delusioni, con i propri mali fisici e psichici, incapace di contribuire a migliorare questa società.Da tutto questo, ad eccezione dei pochi furbi che vivono sulle aspettative e sui sogni dei più, si ricava un senso di smarrimento, di impotenza, di rassegnazione, qualche volta di rabbia.Una recente indagine (giugno 2008) effettuata da una rivista inglese relativamente alla prospettiva di cancellare questa umanità e provare a “rifarne” una nuova, le persone hanno risposto per il 67 % favorevolmente a chiudere il capitolo umanità e a provare ad aprirne una nuova. Il 12% ha dichiarato di non saper decidere, mentre gli altri ( pochi) hanno dichiarato che invece questa umanità doveva proseguire senza ridimensionamenti perché andava bene così. E questa indagine avvalora ancora di più il sentimento di grande disagio che noi tutti da decenni stiamo provando all’interno di questa società. Ecco allora comprendere la necessità di credere in qualcosa che con un colpo di spugna sappia scrivere la parola fine. Una fine però capace di far rinascere dalle ceneri una nuova umanità, più vicina ai sani valori profondi dell’uomo e non schiava delle esigenze degli altri, di quei pochi che sulle disgrazie degli uomini creano i loro imperi finanziari e politici.
Comunque vadano le cose non ci resta che aspettare il 21 dicembre 2012, sperando che si possano finalmente applicare gli insegnamenti dei grandi Avatar che in tremila anni hanno sempre cercato di darci, ma che noi uomini di un piccolo pianeta chiamato Terra abbiamo sempre disatteso e a volte strumentalizzato per altri fini certamente non nobili. A questo punto non ci resta che aspettare.