da micromega-online
Prima di tutto, chi non l'avesse ancora fatto vada a vedere in repubblica.it l'articolo di Massimo Calandri sulla ricostruzione della BBC a proposito di ciò che accadde a Genova nel 2001.
In particolare l'introduzione delle molotov nella scuola Diaz: foto di agenti col sacchetto di plastica e le bottiglie.
Motivo costruito ad arte per giustificare l'ingresso e il terribile pestaggio cui furono sottoposti i 93 manifestanti pacifici e inermi che vi furono trovati.
Promemoria per ricordare che tutti gli uomini della catena di comando di quella sera sono stati promossi.
Quando insistiamo in questi giorni a sostenere che si deve mettere tutto l'impegno affinché il movimento dell'Onda attuale non percepisca le forze dell'ordine come entità ostili sappiamo di avere un compito non facile, soprattutto quando l'informazione pulita mette in mostra, come in questo caso, atti che le forze dell'ordine non avrebbero mai dovuto compiere.
Chi invase quella scuola spaccando gambe, braccia, teste e denti in un parossismo furioso, documentato in modo inequivocabile nel processo che va a sentenza oggi e non negato nemmeno dagli avvocati difensori, agiva coperto dalla protezione del primo governo Berlusconi agli esordi: il suo primo biglietto da visita.
Amnesty International scrisse che i giorni della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto furono per gli arrestati un lungo momento di sospensione delle garanzie costituzionali. Il processo lo ha confermato in pieno.
Sono passati da allora sette anni e si sono tenute centinaia di manifestazioni pacifiche con milioni di persone. Accompagnate da forze dell'ordine responsabili e non aggressive. Bisogna registrare questa lunga sequenza positiva.
Ma proprio per questo si deve esercitare la massima vigilanza affinché nessuno sia tentato dal suggerimento insidioso del presidente emerito Cossiga: infiltrare i movimenti con provocatori pronti a tutto e aspettare che le città vengano messe a ferro e fuoco. Sappiamo che ama alludere. Non possiamo noi sapere a chi parla. Possiamo però impegnarci a fare in modo che non venga ascoltato.
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